Si insedia il nuovo questore di Catania Alberto Francini «Molto lavoro da fare ma le sfide non mi spaventano»

Arriva da Pisa passando per la sua Napoli. Alberto Francini si è insediato oggi come nuovo questore di Catania. Originario del capoluogo campano, nato il 15 giugno 1957, prende il posto di Giuseppe Gualtieri, recentemente nominato prefetto dopo appena dieci mesi trascorsi ai piedi dell’Etna. Il suo successore arriva dalla Toscana ma più volte, durante l’incontro con la stampa di questa mattina, rimarca le sue origini partenopee. «Quando sono atterrato ho sentito il profumo del mare, lo stesso di Napoli». Francini non si sbilancia quando gli si chiedono le mosse che hai in mente nei primi 100 giorni: «Non ho un programma specifico perché devo ancora calarmi nella realtà – spiega -. Chiaramente non c’è molto tempo per studiare ma essendo meridionale, come voi, ho un marcia in più». Uno dei suoi punti di forza potrebbe essere quella che il diretto interessato definisce «l’esperienza su strada e il contatto con la gente». Scorrendo le pagine delle sue attività precedenti spiccano i vent’anni trascorsi a coordinare la sicurezza nello stadio San Paolo, a Napoli.

Sicurezza negli stadi? Morte Raciti ha segnato una rottura con il passato

Non è una casualità la visita di oggi alla tomba di Filippo Raciti, ucciso nel febbraio 2007 davanti lo stadio Angelo Massimino, mentre si giocava il derby di calcio Catania-Palermo. «La sua morte ha segnato una rottura rispetto al passato. Possiamo definirlo lo spartiacque nella sicurezza degli stadi». Il questore ripercorre con i giornalisti anche il momento in cui apprese la notizia dell’uccisione dell’ispettore capo di polizia: «Non ho mai saltato un partita del Napoli, quel giorno non giocava e io ero in Argentina, quando su Rai International passavano le immagini dell’esterno dello stadio». Uno dei temi che stanno più a cuore a Francini è proprio quello della sicurezza negli impianti sportivi. Tra stadi di proprietà, sicurezza interna in mano ai club e fidelizzazione dei tifosi: «C’è ancora molto da fare – analizza – Gli stadi devono essere buttati a terra e ricostruiti. Da questo punto di vista è stato fatto solo il cinque per cento in Italia con pochi esempi virtuosi a Udine, Reggio Emilia e Torino». C’è poi il nodo delle tifoserie: «Abbiamo sperimentato la tessera del tifoso ma non è bastato».

Vestito scuro, cravatta blu con pois bianchi, spilla della polizia lato cuore. Francini parla per poco più di 30 minuti e analizza anche la questione criminalità organizzata. «Negli ultimi decenni sono state scompaginate le cupole mafiose e adesso, senza grandi boss, c’è una manovalanza sciolta che è difficile da contrastare. La mafie hanno cambiato forma ma non sono scomparsi gli affari, che spesso travalicano i confini nazionali e non per questo sono meno pericolose». Nelle parole del nuovo questore non mancano i riferimenti alle baby gang. Fenomeno, quest’ultimo, più volte raccontato sulle pagine del nostro giornale. «Bisogna organizzarsi su come arginarlo. Spesso i protagonisti sono minori di quattordici anni che non sono perseguibili». Il vertice della polizia non usa giri di parole quando parla delle difficoltà delle forze dell’ordine ad adeguarsi ai tempi che cambiano. «Facciamo fatica perché apparteniamo a una struttura con tanta burocrazia», spiega.

Gli stadi devono essere abbattuti e ricostruiti. Esempi virtuosi a Udine e Torino

Le sfide non mancheranno e Francini promette «di metterci la faccia come responsabile, anche se la materia prima dovrà arrivare da tutti i miei collaboratori». Tanto lavoro ma «senza paura», magari con qualche modifica alla normativa che regola il piccolo spaccio di sostanze stupefacenti. Un testo datato, risalente al 1975, non più al passo con i tempi: «Adesso dietro agli spacciatori ci sono bande organizzate. Avere ancora un trattamento di favore nei confronti del piccolo spaccio è secondo me una cosa che dovrebbe essere rivista».

Dario De Luca

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