Sharks Palermo si prepara al derby contro Catania Il Covid non ha fermato le giocatrici di flag football

Sono le 20.30. E mentre i più rientrano a casa per cena, c’è chi, a un paio d’ore dall’avvio del coprifuoco, si mette in macchina per andare ad allenarsi. Francesca, Caterina, Aurora, Claudia, Erica spezzano la quotidianità delle loro giornate con gli allenamenti e un campionato italiano da disputare. Scarpe con i tacchetti, guantini, flag, mascherina, una maglietta di ricambio, moduli e autodichiarazioni. Borsone in spalla e via verso il campo di flag. Il flag football è uno sport di squadra molto simile al football americano, caratterizzato dall’assenza di contatto fisico. A differenza della versione con caschi e paraspalle, dove per fermare l’avversario si utilizza il placcaggio, nel flag a determinare l’interruzione dell’azione è lo strappo di almeno una bandierina attaccata alla cintura dei giocatori.

Testa, cuore, grinta e squadra: ingredienti che alle Sharks Palermo sembrano non mancare. Adesso, a un due partite dalle finali di Grosseto, si trovano alla terza posizione della classifica generale del campionato. Oggi si disputerà il derby contro Catania. «Sarà una partita dura – commenta a MeridioNews  Alessandro Albanese, presidente e offensive coordinator della squadra – giocheremo contro una formazione molto più esperta di noi, con giocatrici che hanno vinto scudetti, sono state e sono in nazionale. Per noi è importante misurarci».

E nonostante gli acciacchi, tra imprevisti inevitabili ed infortuni, il coach si dice soddisfatto dell’impegno delle ragazze. «Stanno cercando di dare il massimo, c’è un ottimo impegno – afferma Albanese – Faremo di tutto per riuscire a mettere i bastoni tra le ruote a Catania e provare a portare a casa il risultato».

Agli impegni agonistici si aggiunge pure l’emergenza sanitaria, che ha inevitabilmente segnato gli allenamenti. «La situazione Covid ha pesato anche in questo – spiega Calogero Reina, difensive coordinator – discontinuità, imprevisti e difficoltà logistiche organizzative. Dall’alto lato, paradossalmente, ci sono state anche componenti positive». La squadra non si è fermata: anzi, attualmente è la seconda difesa più forte d’Italia. «Ci siamo messe d’impegno – spiega Erica – e abbiamo continuato a fare esercizi in videochiamata, per non rischiare di perdere la forma fisica e ingrassare durante lo stop».

«Anche se spaesate tra l’indecisione di disputare o meno allenamenti – continua l’allenatore Reina – hanno sempre mantenuto viva la voglia di fare sport. La squadra oggi la percepisco più compatta: ho visto impegno da parte di tutte per sopperire agli imprevisti aumentando studio e concentrazione, aumentando anche le attività via web per sopperire alla mancanza di incontri fisici».

Tra mascherine, autocertificazioni e tamponi prepartita, anche il flag football si è dovuto adeguare all’emergenza da Covid-19. «Manca il batti cinque, la stretta di mano, il contatto con il pubblico quando si gioca – spiega Francesca Piccole cose che in uno sport di squadra come il football erano la quotidianità». Oltre agli stop imposti in alcuni periodi del 2020, il gruppo si è fermato anche per la positività di una giocatrice. «Sono stata costretta dal covid a stare ferma per 24 giorni – racconta Sara – per i primi allenamenti è stata ferma l’intera squadra per prevenire ed evitare la diffusione del virus». Nonostante la positività dell’atleta, il suo tempestivo isolamento ha evitato lo scoppio di un focolaio tra le giocatrici che, una volta effettuati i dovuti tamponi, hanno ripreso a pieno ritmo le sessioni di allenamento.

«Inizialmente i miei genitori avevano paura – confessa Erica – Ma adesso hanno capito che siamo seguite e monitorate: non si spaventano più». Prima di entrare al campo, ogni sera, un termoscanner misura la temperatura delle atlete e in ogni raduno, per poter partecipare, è obbligatorio presentare l’esito negativo del tampone effettuato entro le 24 ore dalla partita. «Allenarsi dopo aver avuto il Covid è stressante perché stare fermi e chiusi in una stanza per molti giorni elimina la resistenza – racconta Sara – Però a poco a poco si recupera, con la forza di un’intera squadra che ti sostiene. Il sorriso e gli sguardi felici dopo aver fatto un touchdown ti fanno sentire il calore del batti cinque, che per il momento non possiamo ricevere più».

In un periodo storico dove coltivare relazioni è diventato complicato, chi pratica sport a livello agonistico finisce per sentirsi un privilegiato. «Ogni allenamento è una boccata d’aria – spiega Francesca – uno dei pochi svaghi concessi in un anno di restrizioni ». «L’unica uscita che facciamo è per venire agli allenamenti – aggiunge Alessia – siamo molto amiche. Per noi, oltre ad essere uno stimolo agonistico, è anche un momento di socialità in cui ritrovarsi».

Maria Vera Genchi

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