Severini, l’artigiano che crea musica a Randazzo «La Catania che non c’è più, patria della liuteria»

«Una domanda troppo difficile. Dirò che seguo la mia musica interiore». È una risposta evasiva quella che Giuseppe Severini, liutaio 60enne ed esperto di melodia medievale, sceglie di dare a chi gli chiede come mai, 22 anni fa, sia finito a vivere a Randazzo. Madre di Messina, padre calabrese, nato a Milano: di motivi per trasferirsi nel piccolo centro del Catanese ne ha trovati tanti. «È un paese che, per me, risuona», dice. Merito della natura: l’Etna da una parte, i Nebrodi dall’altra, l’Alcantara vicinissimo. «E poi ho trovato a pochi soldi una casa trecentesca – racconta – Vivo in un modo più naturale, come piace a me, ho costruito il mio laboratorio». Dove crea strumenti musicali che sarebbero stati d’uso comune quasi un millennio fa. «Io suono la ghironda, la viella e il salterio», spiega.

Su Trip Advisor, il portale che raccoglie recensioni su luoghi e attrazioni, la Casa della musica e della liuteria di Severini, aperta cinque anni fa, è la seconda tappa più popolare. Subito prima c’è solo la chiesa principale del borgo noto per essere un piccolo gioiello della storia e dell’architettura del Medioevo in Sicilia. «Ormai la gente sa dove andare già prima di partire – dice l’artigiano – Quando partono dagli Stati Uniti, dopo aver guardato Trip Advisor sanno già che verranno a sbattere da me». Che è un po’ quello che è capitato a una troupe di una tv giapponese che, il mese scorso, ha passato qualche giorno con lui a documentare la sua vita. «Grazie a internet non hai più bisogno di mettere i cartelli e di farti pubblicità, le persone ti trovano», sorride. Nel suo caso, oltre che lui trovano anche una casa museo. Con 50 posti a sedere, un centinaio di strumenti musicali e un immenso campionario di pietre, rami, conchiglie e ossa per «permettere ai visitatori di ascoltare i suoni e i rumori della natura, prima di sentire le spiegazioni sulla musica nell’antica Grecia e, infine, nel periodo medievale».

È l’attività delle visite guidate a permettergli di andare avanti. Assieme al lavoro di liutaio nel vero senso della parola: «C’è stato un periodo di grande entusiasmo per la musica antica – ricorda – Dopo il fenomeno Angelo Branduardi è diventata una moda». Ma, come tutte le tendenze, anche quella si è rivelata passeggera. E ha lasciato il posto a una crisi del settore della liuteria che lui ha sentito poco solo perché più che con l’Italia lavora con l’estero. «Prevalentemente con la Francia, perché lì si fa più ricerca – afferma il musicista – Con qualche amico, visto che in questo settore siamo tutti un po’ dei cloni, stiamo pensando di esplorare anche Germania e Fiandre». Dove l’interesse per quelli che sono passati alla storia come i secoli bui non si è mai affievolito. Motivo per il quale, a differenza che in Italia, c’è più concorrenza. «Da Roma in giù io sono uno dei pochissimi. In Sicilia noi liutai specializzati siamo in tre: due nel Palermitano e io».

Numeri strani se si pensa che Catania «una volta era la capitale della liuteria: si producevano un sacco di chitarre, mandolini… La qualità non era sempre eccelsa, ma andavano in tutte le parti del mondo». Oltre l’Europa e al di là degli oceani. «Io – racconta Giuseppe Severini – ho fatto in tempo a conoscere uno degli ultimi, negli anni Ottanta, ma di lì a qualche anno hanno chiuso quasi tutti. Quello è un bel pezzo di città sparita, una Catania che non c’è più». Colpa della concorrenza della produzione industriale, ma anche degli ascoltatori, sempre meno abituati alla musica acustica. Restano cose, però, che hanno un valore profondo. Come il suo lavoro volontario con gli allievi dell’orchestra Falcone e Borsellino, a cui ha «incollato qualche violino e raccontato la storia della melodia». Ma ai bambini ha anche spiegato che la musica ha due livelli: «Quello operativo, che porta a una carriera musicale – elenca – E quello meditativo: questo è il livello che appartiene a tutti e da cui parte il riscatto sociale. Il suono è una facoltà di cui bisogna riappropriarsi e che aiuta a costruire l’umanità. Quella individuale e quella collettiva».

Luisa Santangelo

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