Ripartono anche quest’anno i laboratori dedicati al giornalismo ed alla comunicazione all’interno del progetto “Medialab” della Facoltà di Lingue. La sezione riservata al giornalismo propone diverse possibilità di scelta: “La grammatica della notizia”, di Gianfranco Fallaci, laboratorio di base sulla scrittura giornalistica orientato principalmente alla cronaca; “Giornalismo sportivo” di Fabio Chisari, corso che unisce elementi teorici come la storia del giornalismo sportivo ad altri prettamente pratici; “Oltre la notizia” di Fabio Gallina, dedicato al giornalismo d’inchiesta; “Raccontare l’altrove”, coordinato da Rocco Rossitto e indirizzato al reportage. Il laboratorio “Recensione giornalistica” quest’anno sarà dedicato in particolar modo al cinema; attraverso la visione di pellicole e spettacoli, Davide Brusà fornirà le basi per la costruzione di una buona recensione. “Fotogiornalismo” di Angelo Di Giorgio si dividerà tra dimensione etica e tecnica del fotoreportage; l’informazione culturale – ossia la terza pagina – verrà trattata durante il laboratorio di Alice Avila.
A Gianfranco Faillaci, coordinatore di “La grammatica della notizia”, abbiamo chiesto anzitutto quali pensa che siano le aspettative di uno studente che si appresta a frequentare un medialab sul giornalismo.
«Chi vuol frequentare questo laboratorio deve sapere, anzitutto, che avrà molto da lavorare. Un laboratorio giornalistico non si può basare, infatti, solo sulla teoria. Bisogna esercitarsi molto, bisogna cominciare presto a scrivere pezzi veri sapendo che saranno pubblicati. Perciò sconsiglio vivamente un laboratorio del genere a chi va principalmente a caccia di crediti: frequentare gli incontri e ascoltare le (poche) cose teoriche che diremo sarà solo una parte del lavoro, e nemmeno la più importante. Si tratta allora di capire quali sono le motivazioni di ciascuno studente. Chi è interessato a imparare questo mestiere deve sapere che il giornalismo si impara facendolo. E deve sapere che è un lavoro che costa fatica. Il laboratorio gli offrirà anche la possibilità di cominciare a farlo: a partire dalla fatica».
In particolare quali sono le basi concrete che può dare il suo corso?
«In una prima fase lavoreremo sulle simulazioni. Cercheremo di costruire l’attacco corretto di un pezzo e di distinguere un attacco ben fatto da un attacco sbagliato, sciatto, inadeguato al punto-titolo. Subito dopo lavoreremo sulla costruzione del pezzo di cronaca e, in seguito, sulla sua titolazione. Ma soprattutto, ben presto, scriveremo dei veri e propri pezzi. Gli incontri in aula serviranno per correggere il lavoro fatto fuori dall’aula, per capire i propri errori e imparare da essi. Infine dedicheremo grande attenzione al linguaggio, cercando di non copiare le cose brutte che spesso si trovano sui giornali: stereotipi, frasi fatte, espressioni inutilmente difficili… Naturalmente non si potranno trattare a fondo tutte queste cose. Ma se alla fine qualcuno imparerà che un giornalista deve capire le cose di cui si occupa e deve farle capire agli altri, sarà segno che non abbiamo perso tempo».
Pensa che sia possibile che da questi corsi possano venir fuori dei nuovi giornalisti?
«I laboratori del Medialab fanno tutti parte di un unico progetto. Abbiamo cercato di costruire un percorso complessivo affinché ciascuno possa sperimentare, nelle più diverse forme, come si fa un buon pezzo giornalistico. L’Università offre inoltre diversi strumenti – Step1 è uno di questi – per fare giornalismo sul campo. E questa è un’opportunità importante, anche a prescindere dal mestiere che ciascuno farà da grande. Quanto alle prospettive di lavoro, è importante essere consapevoli del contesto. Oggi alcuni studenti che si sono formati in questa Facoltà stanno avviandosi, sia pure con fatica, a diventare pubblicisti. È un buon risultato, ma non dobbiamo vendere illusioni: prendere un tesserino di pubblicista dopo qualche anno di gavetta è un obiettivo alla portata di molti. Fare i giornalisti a Catania è una cosa molto più complicata. Almeno fin quando qui si potrà leggere un solo quotidiano locale, e fin quanto l’editore di questo quotidiano potrà vietare a tutti gli altri – perfino a Repubblica – di fargli concorrenza».
A Davide Brusà, coordinatore del laboratorio di recensione giornalistica, abbiamo chiesto invece quali sono i principi che ogni coordinatore vuole trasmettere agli studenti che si apprestano ad iniziare un corso sul giornalismo.
«Lo spirito e la funzione di questi laboratori è quello di dare un’alternativa informativa a quello che oggi offre la comunicazione di massa contemporanea. Alla fine di questo monte ore i ragazzi dovranno acquisire una dimestichezza tale da poter assimilare quelle capacità che non sono soltanto teoriche, ma che invece sono più pratiche, basate in particolare sulla notizia stessa, sulla differenza fra un pezzo freddo ed uno caldo, ad esempio, e su come si fa una ricerca prima della stesura di un articolo».
Qual è l’entusiasmo che lei porterà ai ragazzi del suo laboratorio e cosa si aspetta da loro?
«Il mio laboratorio ha come oggetto la recensione giornalistica, un tipo di articolo che si accosta alla cronaca ed all’analisi. In questa prospettiva alla semplice osservazione bisogna aggiungere un punto di vista autoriale basato sullo spettacolo o sulla rappresentazione che si è visionata. Quello che più mi interessa è creare un gruppo partecipativo in cui si discuta non solo dell’analisi, ma soprattutto dei differenti punti di vista di ognuno dei ragazzi. Soltanto in questo modo è possibile costruire qualcosa di produttivo».
Lei ha intenzione di fare in modo che i ragazzi possano scrivere per un web-magazine, come Step1, o magari anche per testate più “importanti”?
«Ovviamente i nostri laboratori hanno come obiettivo primario quello di dare la possibilità ai ragazzi di accedere al nostro web-magazine Step1. Quello che mi interessa in particolar modo è dare a loro l’entusiasmo per avvicinarsi al giornalismo. Se poi i nostri studenti scriveranno per un web-magazine, appunto come primo step, o per altre testate, questo dipenderà soprattutto da loro stessi: da quanto interesse e da quanta passione vorranno dedicare a questa loro nuova avventura».
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