I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale hanno sequestrato, alcuni immobili, per un valore complessivo di un milione di euro circa, intestati e/o riconducibili al collaboratore di Giustizia Giovanni Brusca, già capo del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato, catturato in stato di latitanza il 20 maggio 1996, e condannato per essere stato organizzatore ed esecutore materiale della strage di Capaci, nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta.
Il provvedimento scaturisce da una complessa e articolata attività di indagine iniziata nel 2009 e conclusa nel 2011, diretta dai procuratori di Palermo, l’aggiunto Dino Petralia, i sostituti Sergio Demontis e Claudia Ferrar, che ha consentito di bloccare un piano di recupero, ideato e attuato dal collaboratore, di alcuni immobili intestati a prestanome e di ingenti somme di denaro, sequestrate e poi restituite, la cui gestione era stata affidata a persone compiacenti, al fine di monetizzare un consistente capitale da reinvestire nella prospettiva della sua eventuale liberazione per fine pena. A tal fine, Brusca, all’atto della sottoscrizione di intenti, prima della concessione dello status di collaboratore di giustizia, aveva omesso di dichiarare come a lui riconducibili, direttamente o per interposta persona, i sottonotati beni oggetto dell’odierno sequestro:
-un immobile sito in San Giuseppe Jato, via Saraceni, intestato a Brusca Giovanni (sequestro per equivalente dei proventi locazione dello stesso immobile per un importo di 16.400 euro, e dei proventi della vendita dell’immobile sito in Palermo via Pecori Giraldi, fino alla concorrenza della somma di 30 mila euro);
-un magazzino ubicato a San Giuseppe Jato, in via Saraceni;
-locali siti in Piana degli Albanesi, via Matteotti, intestati alla moglie di Brusca Giovanni, Cristiano Rosaria;
-un immobile ubicato in Palermo, con accesso alla via Generale Emanuele Pezzi, attualmente locato a una chiesa evangelica apostolica.
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