Sequestrato l’impero dell’imprenditore Santalucia «È il legame tra mafia catanese e messinese»

Agricoltura, allevamento, movimento terra, produzione di calcestruzzo e costruzioni edili. Operavano in questo settore le quattro aziende sequestrate dalla Dia all’imprenditore Salvatore Santalucia, 61 anni. Sono scattati i sigilli anche per 294 terreni che si estendono su una superficie di 200 ettari tra Roccella Valdemone, suo paese natale, Gaggi e Castiglione di Sicilia, tra Messinese e Catanese. E ancora 21 fabbricati, 27 veicoli e vari rapporti finanziari. Il tutto per un valore stimato in circa 27 milioni di euro. Legato alle famiglie mafiose dei Santapaola, a Catania, e dei Barcellonesi, Santalucia, secondo gli investigatori della Dia che hanno eseguito il sequestro, rappresentava l’anello di congiunzione tra le cosche etnee e quelle della città del Longano. 

Come chiaramente spiegato in conferenza stampa dal procuratore capo Guido Lo Forte: «Da semplice allevatore vede negli anni variare i suoi interessi e il suo campo d’azione e dall’allevamento approda al settore del movimento terra e, infine, attraverso i rapporti con grandi esponenti mafiosi, nel settore degli appalti e dell’eolico. Il maxi sequestro è frutto di una lunga indagine che ha permesso di dimostrare come esista uno strettissimo legame tra la mafia messinese e quella catanese». Negli ambienti criminali era conosciuto come Turi Piu. Secondo le indagini l’imprenditore avrebbe sempre avuto rapporti con alti esponenti mafiosi, arrivando a ricoprire un ruolo di prima linea nel controllo illecito degli appalti nella zona di Roccella Valdemone. «È un soggetto strettamente legato ai Santapaola di Catania attraverso esponenti di vertice del clan Brunetto, attivo nel versante jonico della provincia etnea e alla stessa alleato. Ma vanta legami anche con la famiglia barcellonese, come confermato dalle dichiarazioni di Carmelo Bisognano, oggi collaboratore di giustizia», precisa Lo Forte. 

Durante i controlli è risultata evidente agli uomini della Dia come l’attività di Santalucia abbia registrato nel tempo un’anomala crescita esponenziale, tanto da guadagnarsi, tra il 2003 e il 2010, la partnership con la società Eolo Costruzioni S.r.l., impresa del gruppo che fa capo a Vito Nicastri leader in Sicilia nella realizzazione dei parchi eolici, a cui è stato confiscato un colossale impero economico per oltre 1,5 miliardi di euro. È stato inoltre oggetto di investigazioni da parte della D.I.A. di Messina e Palermo perché considerato in strettissimi rapporti con il super latitante Matteo Messina Denaro.

Il sequestro, ordinato dal tribunale di Messina su proposta del direttore della D.I.A., Nunzio Antonio Ferla, nasce dalla notevole sproporzione che ci sarebbe tra i redditi dichiarati e i beni posseduti da Santalucia e dal suo nucleo familiare. Santalucia era già finito nelle maglie delle forze dell’ordine durante le operazioni Ermes, Dionisio, Arcangelo, Iblis e Omega-Obelisco in cui erano emersi i presunti collegamenti tra l’imprenditore e gli ambienti mafiosi di Catania e Barcellona. Nella provincia messinese, Santalucia avrebbe mantenuto i contatti con i boss Gullotti e Rampulla. Su Barcellona i carabinieri del Ros nell’operazione Gotha 3, avevano evidenziato il legame tra l’imprenditore e il capomafia barcellonese Carmelo Bisognano, oltre che con la sorella Vincenza Bisognano, con il suo più fidato collaboratore Beniamino Cambria e il boss Tindaro Calabrese, erede di fatto di Bisognano.

«La figura di Santalucia – ha concluso il procuratore capo – ci consente adesso di collegare le operazioni antimafia e i processi che ne sono scaturiti negli ultimi dieci anni. Operazioni che sembravano essere scollegate tra di loro perché afferenti alle aree di Catania e Barcellona e che ora vedono in Santalucia il personaggio che faceva da trait d’union tra le due cosche».

Simona Arena

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