«Mi ha fatto una domanda impossibile», «Non ha voluto dare il prolungamento», «Io nemmeno lo sapevo che c’erano quelle dispense»… Quante volte abbiamo sentito – o fatto – discorsi del genere? E cosa succede se invece si ascoltano i commenti di chi sta dall’altro lato? Step1 ha chiesto a vari professori dell’Ateneo di Catania di raccontare qualche aneddoto per vedere uno scorcio insolito degli esami universitari.
Massimo Schilirò, docente di Sociologia della letteratura della facoltà di Lingue, racconta l’incontro con uno studente singolare: «Recentemente ho trovato uno studente che aveva qualche problema con il sonno. Faccia furba e sorriso gioviale, lingua inarrestabile, ma in effetti le palpebre un po’ pesanti, arriva alle dieci e vuole fare esami. Lo informo che gli esami sono l’indomani. “Allora mi sono alzato inutilmente”. Protestava perché quella mattina si era alzato per fare l’esame anche se la sera prima aveva fatto bisboccia. Mi sono scusato. Ma forse aveva dormito tutto il tempo della preparazione, perché l’indomani del programma non sapeva nemmeno i titoli dei libri (“Tutti questi libri, ma davvero?”). Si è presentato un mese dopo, e i titoli ancora non era riuscito a mandarli a memoria. In compenso, non si lamentava più della levataccia per fare gli esami. Chiarisco che io gli esami li faccio alle nove, non all’alba. Forse lui li voleva al tramonto, questione di bioritmi».
Una studentessa invece ha fornito un’interpretazione sui generis di un verso di Leopardi: «Si trattava di due versi famosi di Leopardi, le chiedevo cose facili a modo mio. “Ancor non sei tu paga / Di riandare i sempiterni calli?”, chiedeva il pastore errante per l’Asia alla luna. Io alla studentessa non chiedo mica un’interpretazione, chiedo solo cosa voglia dire. Mi guarda come fossi un cretino, e rapidissima risponde che la luna non era stata ancora pagata. Non ho chiesto chi secondo lei passasse lo stipendio alla luna alla fine del mese (lunare)».
Passando ad un’altra facoltà (Giurisprudenza), la professoressa Ida Nicotra ricorda una risposta particolare: «Ad una studentessa viene chiesto di enunciare i principi costituzionali in materia di famiglia. Appena posta la domanda questa rimane in silenzio, sicché, cercando di venirle incontro, le si dà qualche suggerimento. Nella specie le si dice: “Il Costituente ha preferito una particolare forma di famiglia, fondata su uno specifico vincolo…”; ma ancora silenzio. Allora si fa un altro tentativo, enunciandole parte della disposizione costituzionale in materia: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul…?”: silenzio; “Signorina, sul…?”; ancora silenzio; “…sul…” finalmente arriva la tanto attesa risposta: “Sull’amore!”».
Santo Di Nuovo, docente a Scienze della formazione, ci parla di uno studente che per chiedere uno slittamento dell’esame ha dichiarato che nell’ultima settimana non aveva potuto studiare perché nel quartiere era mancata spesso la luce, e non se l’era sentita di studiare al lume di candela come nell’Ottocento (legittima la domanda: «Ma si studia solo la sera?»).
Le cose alle volte si fanno più complicate nei momenti finali di un esame: «Alcuni studenti vorrebbero contrattare il voto, davanti alla mia resistenza al mercanteggiamento uno mi disse: “Ma lei cose ci rimette a darmi due voti in più? Mica deve pagarli… a me invece mio padre dà dei soldi per ogni esame superato, un tanto per ogni voto. La prego, in questo momento ho bisogno di questi soldi in più…”».
Emanuele Fadda, docente a Lingue di Semiotica, racconta come sia capitato che qualcuno abbia confuso lo “Zio Sam” con l’equivalente “Tom”, con chiari effetti semi-comici. Errori molto frequenti sono quelli relativi alle pronunce dei nomi stranieri. Magari sentirsi dire «Io non capisco il francese» e trovarsi davanti a un termine latino.
Tra gli aspetti più leggeri, però, ne emergono anche alcuni che fanno riflettere. Il professore Di Nuovo ricorda una studentessa rimandata a un esame che, tra le lacrime, confessava di vedere nella laurea il segno di un riscatto, la realizzazione di un sogno di bambina. «Alla fine mi ha ringraziato per non averla illusa ancora regalandole la materia, e se ne è andata. Credo abbia abbandonato gli studi, perché non l’ho più vista agli esami. Questo episodio mi ha molto amareggiato perché mi ha fatto capire che il sistema universitario a volte illude le persone che sperano in una laurea triennale ‘facile’ come emancipazione e promozione sociale, e poi pagano pesanti costi finanziari e psicologici, con inevitabili frustrazioni e delusioni per loro e per le loro famiglie».
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