Se l’ateneo sacrifica il giornalismo studentesco

Suddivisi tra le facoltà di Lettere e di Lingue, frequentano l’università di Catania 4.500 studenti di scienze della comunicazione (dati del 2007-2008), si tratta di più del 7% del totale degli iscritti al Siculorum Gymnasium. Nonostante una diminuzione delle iscrizioni a questi corsi di laurea, nello scorso anno accademico abbiamo avuto ben 1.300 matricole. Dinanzi a questa massa di aspiranti “comunicatori” non è stata istituita nessuna cattedra sul giornalismo e i new media. Per questi insegnamenti le facoltà hanno preferito avvalersi di alcuni docenti a contratto e dei laboratori didattici tenuti da professionisti esterni. L’attivazione dei nuovi corsi di laurea ha provocato tuttavia, com’era naturale, una certa effervescenza. Si sono così moltiplicate le esperienze di giornalismo sul web, alcune delle quali collegate agli stessi laboratori. 

E’ il caso di Radio Zammù e del periodico Step1, fondato presso la facoltà di Lingue da Enrico Escher, che si sono affermati nel panorama nazionale ottenendo lusinghieri riconoscimenti, tanto da essere individuati come potenziali centri di produzione del progetto U-Station patrocinato da Telecom Italia. Si sbaglierebbe però a credere che la questione sia legata unicamente alle sorti dei corsi di scienze per la comunicazione. La radio, i magazine, la produzione video, le sperimentazioni multimediali sono anche strumenti attraverso cui l’intera comunità universitaria rafforza la propria identità e il senso di appartenenza. Il loro successo testimonia l’importanza nella vita di un ateneo degli spazi offerti alla creatività studentesca oltre che all’informazione. La loro esistenza è garanzia di attenzione ai problemi dell’università, della città e del mondo, di scambio tra studenti e docenti, di rispetto della pluralità delle opinioni e di esercizio della libertà di critica.

In quasi tutte le università anglosassoni, la stampa studentesca indipendente vanta un’antica tradizione e viene incoraggiata e sostenuta. Ma Catania non è Cambridge. Da noi, purtroppo, le facoltà e l’ateneo non sembrano interessati a valorizzare queste palestre di giornalismo e prevale semmai la preoccupazione di mantenersi nell’ambito della comunicazione istituzionale e ufficiale. Mentre si spendono decine di migliaia di euro per finanziare una convenzione “per la diffusione giornalistica dell’informazione universitaria”, da cui deriva uno strano ibrido tra pubblicità e informazione, si esita a fornire i mezzi per dare continuità a questi vitali laboratori didattici. Perciò, pur godendo della simpatia di un buon numero di ascoltatori e lettori per il loro stile spigliato, l’impegno e la serietà di chi li anima, la varietà dei contenuti, sia Radio Zammù che Step1 sono oggi a rischio.

In quanto “coordinatori editoriali”, designati dal Consiglio di Facoltà di Lingue, potremo continuare ad assolvere il nostro ruolo solo se si vorrà assicurare un adeguato servizio di tutoring attraverso i laboratori delle altre attività formative ed accordare l’indispensabile supporto professionale alla formazione degli studenti che prendono parte di volta in volta a questi progetti. Se l’università non sosterrà in nessun modo Step1 e Radio Zammù, non si capisce cosa ci rimarrebbe da coordinare! Ci auguriamo che in tempi come questi, di vacche magre, l’università di Catania sappia selezionare l’assegnazione delle risorse senza sacrificare le esperienze didattiche di qualità.

Salvo Scibilia

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