Le scuole restano chiuse da domani fino al 15 marzo nell’ambito delle misure di prevenzione per fronteggiare l’epidemia da coronavirus. Lo hanno detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e la ministra all’istruzione Lucia Azzolina al termine di una conferenza stampa poco dopo le 18. Dall’ora di pranzo però i dirigenti scolastici e le famiglie degli studenti hanno dovuto gestire le incertezze generate da una prima notizia di stampa che anticipava l’annuncio della chiusura e poi dalla successiva smentita a caldo della ministra. La titolare dell’Istruzione aveva preso tempo, rimandando al pomeriggio ogni valutazione alla pronuncia del comitato tecnico-scientifico, che poi è arrivata.
«Sono favorevole a una chiusura solo che si adottino altre misure per evitare la promiscuità in luoghi come palestre, piscine luoghi di culto – spiega Antonella Di Bartolo, dirigente scolastica dell’Ics Sperone-Pertini – Ho 50 anni e una situazione del genere non l’ho mai vissuta. Se è impegnativa vanno prese misure impegnative ma mi dispiace che non ci sia chiarezza e che le comunicazioni siano arrivate col contagocce». La preside parla delle difficoltà di dover gestire la legittima preoccupazione delle famiglie in primo luogo per la salute dei figli e subito dopo per i dubbi sulla continuità didattica per l’anno in corso. Ci si scontra anche con il delicato equilibrio delle organizzazioni delle famiglie di ciascuno studente. «Sono tempestata di chiamate da parte dei genitori degli alunni perché questo clima di incertezza genera ulteriore angoscia. È come se non ci fossero delle direttive precise e si vada un po’ a tentoni. Dopodiché noi ci adegueremo, ma anche il personale amministrativo deve essere messo in condizioni di non stare in ambienti promiscui. Mi auguro che arrivi un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri finalmente chiaro e mi riferisco in particolare alla questione dei certificati medici».
Sui certificati medici in particolare si sono concentrati i dubbi: «Nel decreto era riportato che gli alunni assenti da cinque giorni dovevano portare un certificato medico. Cosa che ha sovraccaricato di lavoro i pediatri. Non ci sono state particolari polemiche ma c’è stato qualche problema – continua – Abbiamo cercato di spiegare che la questione della frequenza non riguarda il singolo alunno ma la comunità, il gruppo in cui viene inserito. Bisogna operare superando le perplessità dei singoli, per fortuna con i genitori c’è un rapporto di fiducia». Altre preoccupazioni delle famiglie, riferisce Di Bartolo, hanno riguardato nei giorni scorsi l’effettiva pulizia degli ambienti. «Sin da subito ci siamo attivati per fare una pulizia straordinaria grazie al lavoro dei collaboratori scolastici, con i dispositivi di protezione e i detersivi di cui disponevamo – precisa la preside – Una volta che invece è stata chiesta una vera e propria sanificazione, per rassicurare le famiglie abbiano incaricato una ditta specializzata».
In una nota dell’Anp (Associazione nazionale presidi), diffusa in merito al decreto del primo marzo, sono espressi anche dubbi circa l’attivazione di modalità di didattica a distanza. «Sembra un semplice auspicio in quanto, perché, tranne per poche e lodevoli realtà, non è stata adeguatamente sperimentata e praticata negli anni. Inoltre, la convocazione del collegio dei docenti – che allo stato è fattibile solo “in presenza” – sembra in contrasto con la misura generale che invita a limitare eventi aggregativi». Sospendere i servizi educativi pone quindi una serie di problemi alle famiglie che vengono gestiti dai presidi sul territorio. «Se non possiamo dare risposte certe ai genitori – conclude Di Bartolo – il clima diventa molto più difficile. La comunicazione è fondamentale. Non si può poi incolpare la gente di farsi prendere dal panico».
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