Scuola, l’insegnante etnea a colloquio su Facebook «Selezione? Ormai dovremmo chiamarli casting»

«Professoressa, è lei questa con gli occhiali strani nel profilo?». «Professoressa, possiamo fare un colloquio in videochiamata. Facciamo su Facebook messenger? Tanto Facebook ce l’hanno tutti». La Buona scuola del governo di Matteo Renzi si gioca sul campo dei social network. Perché la parte della nuova legge che riguarda la chiamata diretta degli insegnanti si traduce, molto spesso, in un colloquio vis à vis tra i dirigenti scolastici e i docenti che hanno inviato loro il proprio curriculum. A questo punto, però, come per ogni posizione lavorativa, bisogna essere scelti. «Ed è così che iniziano quelli che io chiamo casting», racconta Claudia – il nome è di fantasia -, docente etnea, assunta di ruolo lo scorso anno e da allora trasferita in un capoluogo del Nord

«Quest’anno – spiega – c’è stata la mobilità. Vale a dire che si potevano inoltrare le richieste di trasferimento e domandare, per esempio, di tornare in Sicilia». Lei, però, a rimettere piede nell’Isola non ci ha neanche provato. «Sapevo che sarebbe stato difficile, perché ci sono meno posti e tutte le richieste di chi, come me, vorrebbe tornare a casa. Così, visto che al Nord lavoravo in un piccolo Comune e dovevo fare ogni giorno due ore di treno per tornare in città, ho chiesto di tornare nel capoluogo». Una scelta che è servita a ottenere il risultato sperato. «In effetti non ho sbagliato: tanti amici e amiche che volevano avvicinarsi a Catania, alla fine, sono stati assegnati al Nord anche loro. Almeno io ho potuto scegliere una zona vicina alla casa che ho preso in affitto».

A questo punto ha inviato i curricula alle scuole dei dintorni. «Sono cosciente del fatto che si tratti di quartieri non particolarmente belli – continua Claudia – Ma trovavo che comunque fosse interessante. In realtà, però, immaginavo che i presidi non avrebbero passato molto tempo a leggere i curricula e infatti. Io ho mandato a due, tre scuole. In qualche caso tra le richieste c’era l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua, probabilmente per l’alto numero di migranti nelle classi. Nessuno mi ha risposto». Qualcuno, però, l’ha chiamata dopo aver letto il suo profilo professionale su un apposito portale dal quale i dirigenti possono attingere. «Così mi sono ritrovata a parlare della mia foto su Facebook o di fare un colloquio su Facebook messenger. Probabilmente volevano capire se so usare gli strumenti della scuola digitale», sorride.

Alla fine, però, né gli occhiali strani mostrati sui social, né l’attitudine alla videochat sono stati necessari. «Hanno già scelto qualcun altro. Mi hanno detto che hanno selezionato una docente che aveva già insegnato in quell’istituto – aggiunge – Comprensibile: con tutto quello che hanno da fare i dirigenti scolastici, non si può sperare che guardino centinaia di curricula. Ovviamente finirà che scelgano per conoscenza. O, peggio, per raccomandazione». «Molte persone, credendo di fare del bene, si propongono di metterti in contatto con questo o quel dirigente scolastico. Ma ci rendiamo conto di che deriva assurda sia questa?», prosegue. «Adesso il sistema elettronico mi manderà in qualche scuola che nessun altro docente ha accettato, per riempire i buchi. E io sono fortunata: sono entrata di ruolo con l’ultimo concorso, i precari saranno chiamati a settembre quando ci si renderà conto che non tutte le cattedre sono state occupate».

A puntare il dito contro la selezione diretta, e il presunto «strapotere» dei dirigenti scolastici, è anche Luca Cangemi. Catanese e responsabile nazionale del settore Scuola del Pci, per lui «dando al preside la possibilità di scegliere in modo così arbitrario, un potere assoluto, li si mette di fronte alla possibilità di mandare avanti un sistema che si è a lungo tentato di combattere. È come se la legge giustificasse le raccomandazioni – afferma Cangemi – La Buona scuola abbassa il livello dei diritti inalienabili dei lavoratori e delle lavoratrici, li mette sul piatto della bilancia e li usa come merce di scambio». Se le cattedre al Sud non sono abbastanza «dipende anche dal fatto che è al Meridione che sono stati fatti i tagli più pesanti. Così i nostri docenti sono stati costretti ad accettare le cattedre al Nord, mentre vedono allontanarsi sempre di più le possibilità di tornare nella loro terra».

Luisa Santangelo

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