Scuola, a Catania in 10mila contro il governo «Qui per un’altra idea di istruzione»

«Studenti e docenti insieme a protestare, la cultura vogliamo tutelare». «La scuola pubblica è un diritto, il precariato è un delitto». «La legge Aprea non passerà, la scuola pubblica resisterà». Sono solo alcuni dei cori intonati stamattina dai più di diecimila partecipanti al corteo organizzato dal Movimento studentesco catanese per protestare per la difesa del diritto allo studio e contro il governo Monti e l’approvazione della riforma Aprea-Ghizzoni, che prevede l’ingresso dei privati nella scuola.  Studenti e insegnanti si sono dati appuntamento in piazza Roma e hanno invaso le strade del centro storico insieme ai precari e al personale Ata e con il sostegno del Cobas e della Cgil scuola. Assenti, invece, le sigle Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda, che ieri hanno deciso di sospendere lo sciopero per via dei segnali ottenuti dal governo riguardo alla cancellazione dell’aumento da 18 a 24 ore settimanali di lezione per i docenti delle medie e il recupero degli scatti per 2010 e 2011.

«Poteva essere uno sciopero unitario di tutti i sindacati della scuola e di tutto il mondo dell’istruzione pubblica – dice Matteo Iannitti del Movimento studentesco – Quello che non hanno capito i sindacati che si sono tirati indietro è che purtroppo non si tratta di una singola vertenza sul monte ore, sugli stipendi o sugli scatti di anzianità, ma di una diversa idea di scuola e di istruzione». «Si dovrebbero vergognare», gli fa eco Teresa Modafferi, portavoce provinciale dei Cobas scuola, che dopo la giornata di mobilitazione del 14 novembre ribadisce il loro «no ai tagli e all’impoverimento della scuola pubblica, al concorso truffa che crea nuovo precariato e divide i docenti, e al disegno di legge Aprea-Ghizzoni che elimina quel baluardo di democrazia che assicuravano gli organi collegiali», afferma. Per lei i punti dell’accordo che hanno indotto le altre sigle sindacali a revocare lo sciopero sono «solo soluzioni tampone». «Alla prossima contrattazione – spiega – l’aumento delle ore verrà riproposto, il contratto è ancora bloccato e il recupero degli scatti di anzianità avviene a nostre spese con i tagli al fondo».

Nonostante le assenze, la partecipazione al corteo supera ogni aspettativa. Ci sono i ragazzi del liceo scientifico Principe Umberto, del Cutelli, del Boggio Lera, del liceo Artistico e dell’alberghiero. E anche di alcune scuole della provincia. Alcuni di loro sfilano con dei fiori in mano. «La nostra è una lotta pacifica. Non vogliamo scontri. Ai loro manganelli noi rispondiamo con i fiori – spiega una di loro – Siamo in piazza per ottenere dal governo quello che è giusto, per noi si tratta di dare ma anche di ricevere». Il corteo è, infatti, pacifico. Le forze dell’ordine lo scortano, in testa e nella coda, a centinaia di metri di distanza tra loro. Gli unici ad intervenire sono i vigili urbani per calmare qualche automobilista impaziente e poco comprensivo quando i ragazzi bloccano l’incrocio tra Corso Italia e viale della Libertà. Gli studenti ringraziano con forti applausi.

In strada a manifestare anche tanti insegnanti. «I professori li sentiamo vicini – afferma una studentessa – Siamo qui anche per loro e loro sono qui con noi». «Ci siamo perché la scuola è di tutti – aggiunge un professore – Abbiamo l’obiettivo comune di formare una società diversa, migliore e colta». Come i suoi colleghi, al governo rimprovera «una grande insensibilità nei confronti della scuola, dimostrata con proposte inaccettabili nei modi e nella sostanza». «Il problema – dichiara – non sono le 24 ore di lezione. Noi nei fatti ne facciamo già molte di più, io ne farei anche 40. Il problema è che quelle ore in più vogliono di dire azzerare la possibilità di lavorare seriamente in classe. Con le classi pollaio e con 12 classi è impossibile lavorare bene». Per il professore Giuseppe Patti del liceo scientifico Archimede di Acireale, dove insegna scienze a otto classi con circa duecento studenti, «non è questione di quantità, ma di qualità dell’insegnamento». Se la proposta di legge passasse, i suoi studenti diventerebbero quattrocento e «sarebbe impossibile lavorare in queste condizioni», dice. «Lo sanno tutti, compreso il ministro – aggiunge – che 18 ore sono quelle che facciamo in classe ma per preparare quelle 18 ore di lezione c’è tutto un lavoro dietro, fatto con sacrificio ma anche con piacere. Io amo insegnare, ma vorrei farlo degnamente».

Durante la marcia, striscioni, megafoni e tamburi invadono le vie del centro, passando per via Umberto e arrivando in via Etnea. Non mancano i cori a favore delle donne e l’appello per la raccolta delle firme contro il femminicidio in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne di domani. Prima di sciogliersi, dopo le 13, dai megafoni i ragazzi annunciano nuove iniziative: un sit-in per il pomeriggio di oggi in piazza Manganelli dove è presente il ministro Annamaria Cancellieri e un appuntamento in piazza Verga domani alle 11.

Agata Pasqualino

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