Scorta Civica, striscione per Di Matteo «Istituzioni sottovalutano rischi per pm»

«In un Paese civile e democratico non è accettabile che un boss come Matteo Messina Denaro, che ha chiesto in nome e per conto di Riina ai capimafia di Palermo di eliminare il magistrato Nino Di Matteo, continui ad agire indisturbato. Lo Stato non deve abbassare la guardia e, anzi, deve alzare il livello di protezione intorno a loro». A lanciare l’appello, raccolto da MeridioNews, è Giorgio Colajanni, portavoce di Scorta Civica, il comitato di associazioni e cittadini nato dopo la condanna a morte del boss corleonese contro il pm che indaga sulla trattativa Stato-mafia. L’occasione, l’iniziativa di oggi a Palazzo delle Aquile, a Palermo, con l’esposizione di uno striscione di cinque metri a sostegno del magistrato e del pool.

«È un modo – dice Colajanni – di esprimere solidarietà ai magistrati che seguono il processo. I più esposti perché sostengono l’accusa che settori dello Stato abbiano avuto i rapporti con Cosa nostra nel buio periodo delle stragi». Scorta civica non è nuova a queste iniziative, nei mesi scorsi si è battuta senza sosta per far assegnare alla scorta del pm Di Matteo il “bomb jammer”, il dispositivo che scongiurerebbe l’esplosione di una bomba azionata da un telecomando. Un «risultato importante ma non sufficiente» a garantire l’incolumità del pm e dei suoi uomini.

«Le nostre richieste – spiega – erano articolate, il bomb jammer era solo uno degli argomenti all’interno di un rafforzamento della tutela, in particolare di Di Matteo, ma anche di tutto il pool». Qualcuno, tuttavia, li accusa di privilegiare la magistratura inquirente. «Non facciamo il tifo da stadio per la magistratura che indaga sottovalutando quella giudicante, ma non siamo stati noi a trasformare Di Matteo in un simbolo della lotta alla mafia. Semmai è stata Cosa nostra a sceglierlo come tale».

Il comitato, infatti, nasce dopo le intercettazioni di Riina, che «non erano minacce, erano ordini per eliminare il pm più scomodo. In altre conversazioni – prosegue – il boss di Corleone si lamentava di come i suoi ordini non fossero stati ancora eseguiti». Secondo Colajanni il pericolo di un attentato al procuratore aggiunto di Palermo, quindi, sarebbe imminente, anche se c’è chi ancora non sembra rendersene conto. «Noi – sottolinea – abbiamo reagito a una sostanziale sottovalutazione di chi ricopre i massimi livelli istituzionali intorno al processo trattativa. E non mi riferisco solo a Di Matteo, in molti dimenticano il passaggio delle intercettazioni di Riina in cui parla di ‘cominciare da Nino di Matteo’. Il quel messaggio si preannuncia una escalation di violenza».

L’iniziativa di oggi è l’occasione per ribadire alcune delle richieste che il movimento ripete da mesi, ovvero l’arresto del più pericoloso latitante in circolazione, il boss di Castelvetrano. «È scandaloso, inaccettabile – ripete – che lo Stato non riesca ad arrestarlo. L’attentato a Di Matteo era stato già pianificato dalla mafia, come ha confessato il capomafia dell’Acquasanta, Vito Galatolo, raccontando di un progetto delle famiglie palermitane che si sarebbero attivate nel recuperare l’esplosivo. Non solo la ‘santabarbara’ della mafia palermitana non è stata recuperata, ma Denaro è ancora in libertà. Per tutti Riina è un rimbambito e il super boss di Trapani non conta nulla, una cosa inaccettabile in un Paese civile».

Eppure lo Stato e vertici delle istituzioni da anni annunciano come imminente l’arresto del boss di Castelvetrano, senza tuttavia alcun risultato. «Le sembra normale che possa continuare a delinquere impunito – si domanda -, una cosa simile sarebbe accaduta in altrove? In passato ritardi inspiegabili nell’arresto di boss come Riina e Provenzano si sono verificati e poi, guarda caso, si sono fatti anche dei processi per far luce sulle eventuali responsabilità da parte di funzionari dello Stato». Un monito, infine, ai politici e alle istituzioni. «Oggi – avverte – assistiamo a un ritardo da parte delle istituzioni e della politica che sottovalutano il comportamento di quelli che cercano i voti dei mafiosi e scendono a patti con loro. Questi politici vanno buttati fuori dai partiti, non tollerati. Temo purtroppo – conclude – che si stiano ripetendo gli stessi scenari che culminarono nelle stragi in cui persero la vita magistrati come Falcone e Borsellino. Di Matteo, infatti, è entrato in conflitto con la mafia ed è diventato un suo pericoloso avversario».

Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, partecipando all’iniziativa organizzata da Scorta civica, ha ribadito «la vicinanza a coloro che rischiano ogni giorno la vita per difendere il nostro Paese dal cancro della criminalità organizzata, che si battono senza tregua per ricercare la verità sui mandanti delle stragi, sulla ignobile trattativa Stato mafia e che si impegnano per far valere la giustizia e il rispetto per la Costituzione».

Antonio Mercurio

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