«Volevo andare al sit-in di solidarietà a sostegno del pm Nino Di Matteo, ma temevo di perdermi tra la folla…». Non perde occasione, Vittorio Sgarbi, per assestare un altro dei suoi colpi. E lo fa a mezzo Facebook ironizzando sulla manifestazione organizzata questo pomeriggio da Scorta civica in favore del magistrato impegnato nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. A presentarsi all’appuntamento delle 16 davanti alla Statua di via Libertà sono stati alcuni cittadini che da anni militano in sostegno dell’attività del procuratore antimafia e che hanno voluto lanciare un segnale – raccolto purtroppo da pochi – nei confronti delle frasi pronunciate la scorsa settimana dal neo assessore regionale ai Beni culturali su una presunta carriera di successo del magistrato costruita ad arte sulle minacce di morte ricevute dal carcere da Totò Riina. «Ha cavalcato l’onda per fare l’eroe», scriveva Sgarbi.
Frasi che hanno immediatamente sollevato un grosso polverone. «Il sit-in di oggi rappresenta dei liberi cittadini che conoscono la verità sulla vita professionale e umana del pm Di Matteo e che a leggere anche una virgola contro di lui si indignano», commenta Giuseppe Castronovo di Scorta civica. «Se Sgarbi arriva o non arriva oggi, onestamente non me ne frega niente. Io ci metto la faccia ogni giorno. Definire la carriera di questo magistrato costruita sulle spalle delle dichiarazioni di Riina è gravissimo e sarebbe tale anche detto da un semplice cittadino, ma non avrebbe certo la stessa risonanza e propagazione. Se Sgarbi cerca notorietà o vuole far parlare di sé, farebbe bene a parlare di altro», continua Castronovo, senza troppi giri di parole. «Lui vive blindato da più di vent’anni, lo spiegasse Sgarbi ai suoi figli cosa significa, se ne ha, non potere uscire a prendere un caffè o a comprare un giornale. È un carcere per lui».
Un attacco, quello nei confronti del procuratore antimafia, letto dai membri del movimento cittadino come un vero e proprio attacco a un organo dello Stato. Oltre che un pessimo esempio per le generazioni più giovani, ai quali in questo modo si rischia di dare un segnale di «non unità dello Stato». Ci si aspettava, però, una partecipazione decisamente diversa e più numerosa all’evento di solidarietà. «L’indignazione dovrebbe essere generale, solo che Palermo vive invece nell’indifferenza più totale. Bisogna capire da che parte stare, oggi. Sapendo andare al di là delle umane simpatie e antipatie verso qualcuno – torna a dire Castronovo -. Un magistrato rappresenta lo Stato. Poi si può chiamare Di Matteo come in un altro modo». A infastidire i più è stato anche il fatto che a pronunciare quelle affermazioni sia stato un personaggio che non solo ricopre un incarico pubblico, ma che rappresenta la Sicilia, in un certo senso.
«Da siciliani pretendiamo un certo decoro e una certa morale anche nel semplice modo di esternare un pensiero, ci sono modi e modi per dire certe cose – interviene anche Alessandra Spano – Grave anche l’atteggiamento del presidente Musumeci, che avrebbe dovuto prendere le distanze in maniera più netta».
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