Venticinquemila abitanti e un depuratore consortile che non funziona, per costruire il quale era stato approvato un progetto da oltre quattro milioni di euro. Dei quali quasi tre a carico del Cipe. Sono i numeri coi quali devono fare i conti gli abitanti di Scordia e di Militello Val di Catania, che attendono il completamento della struttura di depurazione delle acque dal lontano 30 dicembre 2004. Da quando, cioè, la realizzazione dei lavori è stata approvata. Undici anni nel corso dei quali la gara d’appalto è stata aggiudicata, la ditta ha iniziato a costruire, ha avuto le prime difficoltà economiche e, infine, è fallita. Lasciando un depuratore completo per metà. Per controllarlo, nella vana attesa che l’iter burocratico ripartisse da zero, era stato messo un guardiano. «Ma il servizio di vigilanza è stato interrotto negli ultimi due anni, con conseguenze disastrose». A raccontarlo è il consigliere comunale di Scordia Guido Rizzo, presidente di una commissione consiliare d’inchiesta che ha il compito di indagare — tra le altre cose — anche sulla situazione dell’impianto per il trattamento dei reflui di contrada Margiona. Luogo in cui sono iniziati i sopralluoghi proprio nei giorni scorsi. «Sono stati rubati i motori, i cavi elettrici. Il materiale che c’è è arrugginito, ovviamente ci sarà da fare un investimento non da poco». Fonti informali dicono oltre un milione di euro.
L’inizio del percorso burocratico relativo all’impianto di depurazione delle acque nere di Scordia e Militello è fissato da una delibera degli ultimi giorni 2004. L’importo complessivo dei lavori era stimato in quattro milioni e 143mila euro. La base di partenza per l’aggiudicazione dell’asta erano due milioni e 220mila euro. Otto mesi dopo, un ulteriore passaggio: l’ufficio speciale per la gestione dei rifiuti e delle acque assegna al Comune di Scordia un finanziamento da due milioni e 997mila euro da prendere da un fondo del Cipe (il comitato interministeriale per la programmazione economica). I soldi mancanti per completare il depuratore sarebbero stati in parte a carico di Scordia (657mila euro) e in parte a carico di Militello (450mila euro). Da questo momento in poi, fatta la gara d’appalto al ribasso e ridimensionata la cifra, sarebbe dovuto filare tutto liscio.
Il 15 febbraio 2006 i lavori vengono affidati alla società consortile Depuratore Scordia, con sede a Messina. A questo punto il progetto prende il via. Per poi stopparsi bruscamente nel 2008 quando «per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo» il contratto d’appalto viene sciolto. All’origine dei problemi, le difficoltà economiche della ditta. Che viene dichiarata fallita dal tribunale di Messina lo stesso anno. Col depuratore a metà e una parte di progetto già eseguita «a regola d’arte», scrive in un atto il Comune scordiense. «Da allora, sul depuratore non si è più lavorato», racconta il consigliere Rizzo. A confermarlo una sentenza della Corte di giustizia europea del 2012, che condanna l’Italia per non essersi attivata per garantire il trattamento delle acque reflue urbane. Tra i Comuni rispetto ai quali lo Stato sarebbe stato manchevole, secondo i giudici dell’Unione europea ci sono anche Scordia e Militello.
«Oggi è tutto abbandonato. Con le conseguenze che possiamo immaginare: furti e danneggiamenti». In una zona, contrada Margiona, che non è affatto facile da raggiungere: «Il percorso è tutto sterrato, per trovare la struttura bisogna sapere dove si trova e andare a cercarla», prosegue Guido Rizzo. «Il Cipe aveva stanziato dei nuovi fondi per la depurazione consortile — dice — Ma per accedervi bisognava presentare un progetto entro il 30 giugno 2014. Non mi risulta che la giunta di Scordia abbia fatto niente del genere, nonostante il sollecito da parte del presidente del consiglio comunale». Il risultato? «Si è persa l’occasione anche per questa grande opera e adesso gli scarichi fognari non trattati continuano a causare un disastro ambientale», afferma il consigliere. «Del depuratore consortile di Scordia e Militello sono rimaste solo le porte di legno e poco altro — conclude Rizzo — Ma senza servizio di vigilanza non rimarrà neanche quello».
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