Sciopero generale, in tremila contro i tagli «L’austerità fa morti e feriti in Sicilia»

«La protesta di oggi è una sfida alle istituzioni. Invitiamo la regione Sicilia, nella persona del governatore Rosario Crocetta, a contrastare la deriva della società sicula. Chiediamo al presidente del Consiglio Enrico Letta di offrire sicurezza ai settori martoriati – l’edilizia, le telecomunicazioni, l’agricoltura, il turismo, la formazione – e di non lasciare inascoltato il grido di dolore dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, dei pensionati e degli studenti qui presenti. Gli emarginati di oggi, paradossalmente, sono proprio i lavoratori». Con queste parole Giacomo Rota, segretario confederale della Cgil di Catania, accoglie il corteo di manifestanti in piazza Manganelli in occasione dello sciopero generale di oggi che ha coinvolto anche Catania tra le altre città italiane. Circa tremila persone – più anziani che giovani – che, dopo essersi raccolte intorno alle dieci di questa mattina davanti all’ingresso principale della villa Bellini, hanno sfilato per via Etnea e via Sangiuliano tra bandiere, striscioni e cori.

Il segretario Uil di Caltagirone Fortunato Parisi anima i manifestanti: «La medicina dell’austerità sta lasciando sul terreno della nostra isola numerosi morti e feriti, economicamente parlando. Questa provincia è ormai in ginocchio e, nonostante tutto, siamo qui per dire che, se la speranza non esiste, noi la conquisteremo e la diffonderemo». Un discorso che sembra fare poca presa tra i giovani, presto allontanatisi dalla manifestazione, sebbene per oggi ne fosse prevista una organizzata dalla Rete degli studenti medi siciliani, in un primo momento confluita nel corteo principale. Al disinteresse delle scuole medie e superiori si è però contrapposta la partecipazione degli universitari rappresentati da alcune associazioni.

In piazza il clima è arrabbiato, ma ancora fiducioso in un cambiamento. «E’ difficile vivere in Italia, ma bisogna sforzarsi e non abbandonarla», è la voce di un sessantenne di Biancavilla, tra le tante che vi proponiamo.

Salvatore Privitera, 72 anni, pensionato: «Il problema non riguarda solo i giovani, ma anche i pensionati che sono diventati il bancomat del governo e l’ammortizzatore sociale dei figli».

 

Egizia Intelisano, 30 anni, ex-dipendente Anfe Catania: «Ho un bambino di 2 anni e non percepisco lo stipendio da 20 mesi. Questa è macelleria sociale».

Antonietta Millara, 61 anni, insegnante: «Per i professori gli stipendi sono bloccati dal 2006 mentre le tasse continuano ad aumentare. E a scuola spesso siamo noi a comprare carta igienica, gessi e spugnette per le lavagne».

 Francesca, 15 anni, studentessa liceale: «Nella mia scuola l’amministrazione non ha i soldi nemmeno comprare i libretti delle giustificazioni e i nostri genitori continuano a pagare le tasse».

 

 

Filippa Napoli, 23 anni, studentessa di giurisprudenza: «Ancora non mi sono laureata ma so già di avere scarse prospettive lavorative. Non voglio per questo lasciare la mia terra ma cambiarla».

 

Rosario Corallo, 70 anni, pensionato: «Quando ero più giovane ho partecipato a tantissimi scioperi ma adesso non ho la voglia di fare più niente e preferisco restare a guardare».

 

 

 

Agatina, 79 anni, pensionata: «Protesto per me, per i miei figli e per i miei nipoti. Vivere non era così difficile da tempi della guerra».

 

 

Emanuele Ungheri, sessantenne, presidente del Comitato catanese viva la Costituzione: «Se si applicasse la Costituzione pedissequamente non ci sarebbe bisogno di scioperare».

 

 

Salvo, settantenne, pensionato: «La mia vita è ormai ad un punto di arrivo. Sono qui per combattere il sistema che porta i giovani a scappare dalla nostra bellissima terra. Non bisogna mai perdere la speranza».

 

 

Cassandra Di Giacomo

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