«A volte passiamo davanti alle fermate senza poter fare la sosta perché siamo troppo pieni. Abbiamo visto ragazzini delle medie diplomarsi mentre aspettavano l’autobus». Gli autisti dell’Azienda metropolitana trasporti di Catania ridono per non piangere. «Noi ci scherziamo, ma la verità è che ci vergogniamo a indossare questa divisa. Mentre una volta ne eravamo orgogliosi». Sono riuniti a decine davanti alla sede della società partecipata comunale che gestisce il trasporto pubblico cittadino, in via Sant’Euplio, durante il sit-in messo in piedi nel corso dello sciopero di oggi. Stamattina sono uscite in strada 69 vetture, mentre 11 sono rimaste ferme in deposito perché guaste. Per le prime ore della giornata qualche autobus è passato, poi dalle dieci ne sono rimasti in giro – in tutto il capoluogo etneo – solo quattro. Dei quali due in servizio da e per l’aeroporto.
Un lunedì nerissimo, l’ennesimo per l’Amt. I lavoratori in stato d’agitazione sono tanti: se a decidere di incrociare le braccia sono state le sigle sindacali Faisa Cisal e Fast Confsal, ad aderire in massa alla manifestazione sono stati anche gli iscritti agli altri sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Ugl). Compatti, tranne qualche mosca bianca, bollata come «interessata agli interessi dell’azienda più che a quelli delle persone». Una partecipazione che sfiora il cento per cento. Sul banco degli imputati c’è la gestione dell’azienda dopo una circolare interna piuttosto controversa: «Calpestano i nostri diritti – dicono in coro – Ci obbligano agli straordinari e ci impongono di recuperare le giornate di malattia, o quelle che prendiamo per l’assistenza ai parenti disabili». Una situazione alla quale si aggiungono le precarie condizioni di lavoro causate dai mezzi pubblici in servizio. «Sono passato dall’officina – racconta un lavoratore – Avete presente i quattro autobus verdi, di seconda mano, che abbiamo comprato da Basilea a 30mila euro l’uno? Già tre erano rotti. Soldi spesi bene, vero?». Mentre gli impiegati sostengono di non ricevere uno stipendio puntuale da settembre dello scorso anno.
E c’è di più. Ci sono, per esempio, le linee più sacrificate delle altre. «La pena che mi fanno le vecchiette che vanno all’ospedale Cannizzaro – spiega un altro – Mi capita di passare da là quando faccio un’altra linea. Le vedo aspettare almeno un’ora e mezza, sotto quel sole, tutte sudate dopo essere state a fare i controlli. È civiltà questa?». L’autobus in questione è il 448: «Di quello ce n’è uno ogni mille e mai», conferma un dipendente. «Menomale che hanno sistemato il Brt», sorride un collega. Il riferimento è al Bus rapid transit, ex fiore all’occhiello del trasporto pubblico con questa amministrazione: «Sono arrivati ordini dall’alto, direttamente dal sindaco: si dovevano mettere almeno quattro autobus sul Brt, ché sennò facevano troppa mala cumpassa». Una brutta figura da evitare «in centro, dove tutti vedono e dove i problemi, alla fine, sono relativi».
Il video degli studenti dell’istituto nautico Duca degli Abruzzi che assaltano l’autobus e ci corrono dentro appena lo vedono da lontano lo hanno guardato tutti i manifestanti. L’autista che lo guidava preferisce non farsi vedere, ma i suoi colleghi lo spalleggiano: «Noi così viviamo ogni giorno. L’altra settimana, proprio mentre c’era una situazione simile, mi sono innervosito e a un gruppo di signore che mi stava insultando ho risposto “Non rompete i…” – interviene un autista – Poi me ne sono pentito e ho chiesto scusa, mi sono sentito umiliato per la mia reazione. L’indomani al capolinea c’era il marito di una di queste donne che mi voleva picchiare. Io ho sbagliato, ma certe cose non dovremmo neanche essere costretti a subirle». Una condizione aggravata dal fatto che, nonostante l’inizio delle scuole, l’orario dei mezzi in vigore è ancora quello estivo. «Quando chiudiamo le bussole perché siamo troppo pieni, ci sono ragazzi che ci inseguono correndo e prendendo a pugni l’autobus pure per cento metri. La volta che uno finirà sotto le ruote con chi ce la prendiamo?».
Nonostante la partecipazione allo sciopero, però, i sindacati non sono in grado di formulare prospettive rosee. Delle 140 vetture che dovrebbero uscire in strada quotidianamente ne circolano la metà e il tavolo di concertazione con l’amministrazione non dà risultati. «Enzo Bianco deve uscire allo scoperto – dice Stefano Gangi, referente sindacale di Faisa Cisal – Dica finalmente la verità: vuole rilanciare quest’azienda oppure no? Si prenda la responsabilità e si faccia un esame di coscienza: “Sono capace di offrire un servizio decente ai cittadini?“. Se la risposta è no, si dimetta. Perché il servizio è importantissimo e non ci sono alternative». Ci saranno, forse, quando si apriranno le nuove stazioni della metropolitana. La cui inaugurazione è prevista per la fine del 2016 e per i primi mesi del 2017. Molti dipendenti temono che l’obiettivo sia puntare sulla metro e tagliare sui servizi di superficie. «Ma sono speculazioni, tanto a noi nessuno dice niente», conclude un altro lavoratore. E i colleghi annuiscono.
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