«Commentare un provvedimento a distanza mesi lascia il tempo che trova, ma, sì, ritengo che sciogliere per mafia il Comune sia stato un errore». A quasi duecento giorni dalla decisione del Consiglio di ministri di mettere fine al consiglio comunale e, di conseguenza, alla giunta di Pachino, a parlare a MeridioNews è l’ex sindaco Roberto Bruno. Tornato a fare a tempo pieno l’insegnante in un istituto superiore del Catanese, Bruno, 44 anni, in quest’intervista torna sui rilievi fatti dai commissari prefettizi, secondo i quali l’azione del primo cittadino non sarebbe stata orientata a frenare le ingerenze della criminalità organizzata.
Fin dal primo momento, lei ha parlato di un provvedimento ingiusto e abnorme. Però poi non ha mai fatto ricorso al Tar contro lo scioglimento. Come mai?
«I motivi sono due e di natura diversa. Da un punto di vista tecnico, i miei legali hanno ritenuto che il ricorso non sarebbe stato accolto per mancanza del periculum in mora. I tempi per andare al voto, considerato che mancavano pochi mesi, non c’erano e la prima udienza si sarebbe svolta di certo dopo la data delle Amministrative. Ma c’è anche un motivo politico: fare ricorso avrebbe significato rinnegare le cose che ho detto in commissione, difendere situazioni che invece io per primo ho denunciato».
A cosa fa riferimento?
«Di esempi ce ne sono molti, ma penso alla vicenda del comandante della polizia municipale Campo, che io ho denunciato e che oggi è a processo con l’accusa di essersi intascato 120mila euro dalle casse comunali. Un’azione che portò il cugino di Campo, che era consigliere, a passare all’opposizione. Ma vorrei ricordare anche l’allontanamento dalla maggioranza, da me sollecitato, del consigliere comunale Corrado Nastasi, citato nella relazione e indicato come persona vicina al condannato per mafia Benedetto Cannata».
Perché allontanò Nastasi?
«Era diventato un questuante, chiedeva di continuo. La nipote era stata assessora e, al momento delle sue dimissioni, pretendeva che a prenderne il posto fosse la sorella. Ma consideri che arrivammo a litigare pure per la selezione degli scrutatori: io propendevo per il sorteggio, lui e il consigliere Spataro invece si presentarono con una lista di nomi».
Però Nastasi è stato suo alleato in campagna elettorale.
«Lui era in area Ncd e quello (era il 2014, ndr) era un periodo in cui il Nuovo centrodestra e il Pd, il mio partito, erano alleati».
A proposito di Cannata, pare che lei in due occasioni abbia omesso di intervenire di fronte a due casi di abusivismo. Si parla di un parcheggio e di un terreno comunale.
«Non ho mai saputo che in quel terreno ci fosse un parcheggio abusivo. Si trova a Punto Rio, una zona che non frequento e mai nessuno mi ha fatto presente che Cannata fosse al centro di quest’attività. Anche perché si tratta di un terreno privato. Per quanto riguarda il fondo comunale, ho presentato documenti che chiariscono come io abbia sollecitato gli uffici in tempi non sospetti affinché si facesse luce sulla vicenda che nasce, tengo a sottolinearlo, con la passata amministrazione».
Al centro dello scioglimento c’è la pesante figura del boss Salvatore Giuliano. Che rapporti ha avuto con lui?
«Assolutamente nessuno. Fino al momento della scarcerazione non sapevo che faccia avesse, poi me lo indicarono. E ho anche scoperto che vive non lontano da casa mia. Tuttavia non ci siamo mai salutati né tantomeno si è mai presentato al Comune o mi ha fatto pervenire richieste da terzi».
L’inchiesta Maschere Nude 2 ha fatto luce sull’interesse del boss nelle elezioni del 2014.
«Vero, ma sostenne il mio avversario. Giuliano fu impegnato in quella campagna elettorale, per il ballottaggio fece anche volantinaggio a suo favore. E come l’ho visto io, lo hanno visto altri, anche se ciò non ha impedito che quella coalizione ricevesse sostegno anche da alti livelli».
A chi fa riferimento?
«Beh, il mio sfidante (Andrea Ferrara, ndr) fu sostenuto ufficialmente dal Megafono e a battezzarne la candidatura fu il senatore Beppe Lumia».
Il boss di Pachino e uno dei volti dell’Antimafia sponsorizzarono lo stesso candidato?
«Il gruppo di Giuliano, che politicamente aveva come referente il consigliere Spataro, si aggregò in un secondo momento alla coalizione di Ferrara, mentre Lumia intervenne a inizio campagna elettorale. Detto ciò, il Megafono non ha mai tolto il proprio simbolo. Avrebbe potuto farlo».
Un’altra figura a cui viene affiancato è proprio Salvatore Spataro. Il consigliere d’opposizione, che ha sempre rivendicato l’amicizia con Giuliano, al momento di votare il piano di riequilibrio le ha fatto da stampella.
«Quel giorno non ero neanche in consiglio, quando ho saputo del voto a favore di Spataro mi sono stupito, perché con lui non avevo avuto alcun contatto. Mi aspettavo invece il sostegno di altri due consiglieri d’opposizione che mi avevano fatto capire di volere valutare la possibilità di votare un atto fondamentale per il futuro dell’ente».
Eppure, stando alla relazione, Spataro potrebbe aver ricambiato cortesie ricevute nel privato, come nel caso del bar Scacco Matto gestito dal figlio all’interno del mercato ortofrutticolo. Pare che non pagasse il canone.
«Anche nella ricostruzione di questa vicenda è stata fatta confusione. Quando leggo che avrei accettato che non venisse pagato il canone concordato con la precedente amministrazione, mi viene da ridere. Io i canoni li ho aumentati. Per una certa fase, e in seguito a un accordo fatto dal mio predecessore, si accettò che il privato potesse non pagare l’affitto in cambio di alcuni lavori di ammodernamento dei locali. Non appena però ho appurato che quel periodo era trascorso ho dato mandato di notificare la richiesta di pagamento per i mesi scoperti».
I commissari però dicono che, al momento di mettere in vendita il mercato, la parte che comprende il bar degli Spataro è stata tenuta fuori. Una svista?
«La mia giunta indicò chiaramente di inserire l’intero mercato tra gli immobili alienabili. Quando ho letto che avrei fatto diversamente, non ci ho voluto credere e ho approfondito privatamente, scoprendo che la parte più antica del mercato non era mai stata registrata al catasto come fabbricato. Risultava terreno seminativo ed è per questo che gli uffici hanno commesso questo involontario errore. Però gliela posso fare una domanda io a lei?».
Prego.
«Se dietro Spataro c’è la mafia, per quale motivo avrei fatto un favore a non mettere in vendita il bar? Semmai dovrebbe essere il contrario: il clan avrebbe avuto interesse a ritrovarselo tra gli immobili in vendita, lo avrebbe potuto acquistare all’asta».
Nella relazione, tra i nomi omissati c’è anche quello dell’onorevole Pippo Gennuso coinvolto nella vicenda del Consorzio Granelli riguardante la vendita dell’acqua.
«Posso dirle che sono stato il primo sindaco a cercare di riportare nell’alveo della legalità una storia che oggi è al centro di un processo, ma che è andata avanti per anni, ben prima che diventassi sindaco. Sono stato al centro delle pressioni alimentate da Gennuso, che arrivò al punto di invocare in piazza il mio linciaggio. Da parte mia ho cercato in punta di diritto di capire se ci fossero le condizioni per stipulare una convenzione per l’erogazione dell’acqua e, quando è stato chiaro che queste condizioni non c’erano, ho requisito la rete idrica. Non è stato semplice, ma ho la coscienza a posto, se consideriamo che mi sono anche trovato ad affrontare pressioni politiche e private, in un caso rappresentate dallo stesso consigliere, legato a Gennuso. Peraltro quanto intrapreso da me nei confronti del consorzio Granelli è stato poi reiterato anche dai commissari che attualmente amministrano la città: vuol dire che l’iniziativa era corretta e giusta».
Da sindaco cosa ha fatto per contrastare la mafia?
«Tante cose. Dal contrasto diretto alle numerose costituzioni di parte civile in tutti i procedimenti penali. Cosa mai fatta da nessuno prima di me. Ma anche il protocollo di legalità che prevede controlli stringenti anche sull’edilizia privata, fino alla promozione di iniziative concrete nelle scuole a sostegno della cultura della legalità».
La prefettura ha chiesto la sua incandidabilità. Se dovesse riuscire a far valere le sue ragioni, tornerebbe a fare politica?
«Al momento non ci penso, sono felice di fare l’insegnante. A scuola ho parlato di quello che stava accadendo nel paese che amministravo, lo trovavo doveroso nei confronti dei ragazzi e dei loro genitori. Mi hanno fatto domande e ho risposto sempre con serenità, perché in tutta questa storia io non ho responsabilità. Dispiace solo perché è anche per questi episodi che la gente per bene si allontana dalla politica, e sappiamo che specialmente in questo campo nessuno spazio rimane vuoto».
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