«La Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini». Così recita l’articolo 51 della Costituzione italiana. Spesso, però, le amministrazioni della nostra Repubblica non fanno nulla affinché queste parole si trasformino in azioni concrete. È il caso dell’amministrazione comunale di Scicli in cui non è presente nessuna donna in consiglio, e nessuna in giunta. Non c’è nemmeno un assessore (né maschio né femmina) con la delega alle pari opportunità. Sembra proprio che gli amministratori non conoscano l’articolo 51 e non abbiano nessuna intenzione di promuovere strategie per il coinvolgimento delle donne in politica.
L’attuale giunta di centro destra è stata eletta nel giugno del 2008, in quella occasione nessuna donna ha raggiunto il numero di voti necessario per essere eletta, e per la squadra di governo sono stati scelti solo uomini. Il sindaco Giovanni Venticinque, non ha nominato nessuna donna assessore né dopo le elezioni, né dopo i rimpasti, l’ultimo di qualche settimana fa.
Ci sono studi che hanno dimostrato che le società con almeno il 20% di donne in ruoli dirigenziali riescono a raggiungere redditività superiori rispetto a quelle che hanno una minore presenza femminile. Anche l’Unione Europea è intervenuta sull’ argomento, esortando gli stati membri ad una più equa presenza dei due sessi nelle amministrazioni pubbliche e nei posti di responsabilità in generale. Dell’utilità della presenza di uomini e donne in ruoli chiave se ne sono accorti diversi paesi europei, in Norvegia, Germania e Francia, ad esempio, al genere meno rappresentato spettano quote del 40%.
Non è una questione di genere ma di opportunità, far a meno di una risorsa non può essere considerata una scelta intelligente. «Il problema è sia culturale che politico. Alle ultime elezioni nessuna donna è stata eletta a Scicli. Dopo la prima riunione del consiglio comunale ho chiesto al neo sindaco di nominare una o più donne come assessori, lui mi sorrise ma poi non lo ha fatto», ci racconta Venerina Padua, consigliere provinciale e candidata a sindaco nel 2008 proprio contro Giovanni Venticinque.
Secondo la consigliera Padua, eletta nelle lista del Pd, in Sicilia è più difficile fare politica per una donna e le amministrazioni sprecano competenze quando scelgono di tenerle fuori: «da anni dimostriamo che quando ci viene data la possibilità anche noi diamo il nostro contributo. Secondo recenti statistiche le donne si laureano prima e raggiungono risultati migliori degli uomini in molti settori. Una democrazia paritaria non può far a meno di questo, la ricchezza è data dalle competenze di donne e uomini insieme», ci dice Venerina Padua.
Però il sindaco e i partiti di maggioranza hanno fatto scelte diverse, lei come le giudica?
«Mi spiace dirlo ma sono scelte misogine. Il sindaco sarebbe dovuto intervenire e pretendere, dai partiti che lo sostengono, una lista di nomi che comprendesse anche donne così da poter scegliere meglio gli assessori da nominare. Questo non è stato fatto, e credo sia un segno di debolezza. Negli ultimi decenni le donne sono riuscite ad ottenere importanti diritti, basti pensare che fino al 1946 non potevamo votare. Queste vittorie hanno messo paura agli uomini che sono diventati più fragili. La società è cambiata, ma chi ha il potere non vuole rischiare di perderlo anche a costo di escluderci».
Su questi temi, cosa ha fatto il Pd di Scicli negli ultimi anni?
«Intanto, bisogna ricordare che il Pd è composto per il 50% da donne. Per il resto, negli ultimi anni abbiamo proposto incontri per aumentare la consapevolezza su questo tema. Abbiamo cercato di mettere pressione, e abbiamo voluto dire la nostra contro i modelli femminili contemporanei che sono insopportabili. Abbiamo detto no alla mercificazione delle donne contrapponendo figure diverse. Però, mi rendo conto che dobbiamo esporci di più, quanto fatto fino ad ora non è stato sufficiente».
Quindi cosa fare concretamente per aumentare la partecipazione delle donne in politica?
«Le quote sono la soluzione, prevedere un limite minimo di presenza nelle amministrazioni pubbliche è necessario per favorire l’ingresso delle donne in politica. Non mi piace il termine quota, ma la strada da percorrere è questa. Il mondo politico è chiuso, sordo, da nove anni chiedo l’istituzione della Commissione pari opportunità alla provincia, ma in tutti questi anni i miei appelli sono caduti nel vuoto».
L’amministrazione di Scicli non è l’unica totalmente al maschile, in Italia il problema si presenta spesso. È accaduto anche in provincia di Taranto, dove il Tar è intervenuto per modificare le scelte del neo presidente che aveva nominato solo uomini come assessori. In quel caso, appellandosi ad un articolo dello statuto della Provincia, che prevede un’equa rappresentanza dei due sessi, è stato possibile azzerare la giunta. Scenari del genere potrebbero verificarsi spesso nei prossimi anni. Il Governo sembra voler accogliere l’appello dell’Unione europea e garantire, anche per le donne, una rappresentanza in politica e in posizioni dirigenziali. A dicembre del 2010, la Camera ha dato il via libera ad una proposta di legge che prevede una quota, pari ad un terzo dei posti disponibili, riservata al genere meno rappresentato. La legge è ora al Senato che dovrà approvarla, ma le resistenze sono tante e molte sono state le modifiche al testo originale. La legge dovrebbe comunque essere approvata in queste settimane, e quindi entro il 2015 un terzo dei posti di cda e delle amministrazioni pubbliche dovrà essere destinato a delle donne.
Sarebbe opportuno che in attesa dell’approvazione della legge si cominciasse a pensare ad una rappresentanza più equa tra i sessi, ma a giudicare dal passato c’è poco da essere ottimisti. L’8 marzo le donne sciclitane hanno poco da festeggiare, forse potranno far festa il giorno dell’approvazione della legge che permetterà loro di essere rappresentate al Comune. Fino a quel momento possiamo amaramente dire che Scicli non è un paese per donne, almeno in politica.
Pubblicato sul numero di marzo di Sciclipress
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