Si mantiene alta ad Augusta l’attenzione sui rifiuti speciali provenienti dall’Ilva di Taranto, dopo la conferma dell’arrivo settimanale a Catania degli scarti dello stabilimento industriale pugliese diretti poi alla discarica Cisma di Melilli. A ribadire il pericolo sono le associazioni ambientaliste impegnate sul territorio. Legambiente Augusta, Decontaminazione Sicilia, Natura Sicula e don Palmiro Prisutto tornano a far sentire la propria voce dopo che il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha dichiarato che il polverino proveniente dall’Ilva non è classificato come rifiuto pericoloso ma soltanto speciale.
«Si tratta di un’operazione che è avvenuta, e continua ad avvenire, senza informare né consultare la Regione né le comunità locali – si legge in un comunicato -. Nella totale mancanza di trasparenza istituzionale, quella decisa a tavolino dal ministro Galletti con i commissari dell’Ilva è una soluzione non solo insostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche palesemente antieconomica, se non per le aziende private incaricate di attuarla». A essere criticata è anche la scelta di deviare il percorso dei rifiuti nella città etnea. «La scelta, oltre a essere meno agevole e più costosa, fa sorgere il legittimo sospetto che ci sia una precisa volontà di tenere quest’operazione distante da quei riflettori – pubblici, mediatici e giudiziari – che da diversi mesi, in seguito allo scoppio dell’inchiesta lucana Petrolio, sono puntati sulla rada di Augusta, e sulle società e sui business che le gravitano attorno. In proposito – sottolineano le associazioni – giova ricordare che alcuni soggetti economici e istituzionali citati nelle carte della procura di Potenza, risultavano direttamente o indirettamente coinvolti proprio nell’affare del polverino Ilva».
Gli attivisti sottolineano poi che la resistenza ha poco a che fare con la difesa degli interessi locali. «Siamo molto vicini alla comunità di Taranto, perché da sempre la loro lotta per la vita è anche la nostra. E non potremmo mai trattare questa vicenda come una mera istanza localistica, senza considerare nell’insieme la problematica e aprire al confronto con le realtà ambientaliste e i comitati territoriali di Taranto», chiariscono.
Già nei giorni scorsi, Legambiente aveva chiarito che la definizione “rifiuti speciali” non implica una non pericolosità degli scarti. «Hanno quantità di veleni inferiore ai limiti di legge, ma non significa che il ministro li può piantare nell’aiuola di casa sua».
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