Sbarchi: fermati gli scafisti, due minorenni Donati gli organi di una donna siriana

Il 31 agosto lo avevano intercettato a largo di Capomulini con a bordo 110 migranti, più della metà minorenni. Tra di loro c’erano anche quattro presunti scafisti che oggi sono stati fermati dalla squadra mobile di Catania con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in concorso. Si tratta di Dhali Mahmud Abu Uqadi, di 36 anni, e Mohammed Mohammed Sharaf, di 18. Insieme a loro anche due minorenni di 17 anni. Tutti sono di nazionalità egiziana. E proprio in Egitto, secondo la Direzione distrettuale antimafia della Procura etnea, titolare delle indagini, avrebbe sede l’organizzazione criminale internazionale di cui i quattro farebbero parte. I maggiorenni sono stati trasferiti nel carcere di piazza Lanza, per i due minorenni invece si sono aperte le porte del centro di prima accoglienza di Catania.

Gli investigatori sottolineano che sin dall’arrivo era stato notato l’atteggiamento intimidatorio di Abu Uqadi, il più grande degli scafisti, nei confronti degli altri migranti, con l’obiettivo di impedire il dialogo con le forze dell’ordine e il prosieguo delle indagini. Lo sbarco del 31 agosto si sarebbe svolto secondo una dinamica ormai consueta: una nave madre avrebbe trainato un peschereccio più piccolo fino a largo della costa ionica e poi si sarebbe allontanata indisturbata.

Nel frattempo continuano quotidianamente gli sbarchi: anche stanotte la guardia costiera ha intercettato un barcone nel canale di Sicilia, portando in salvo a Siracusa 93 migranti siriani ed egiziani, tra cui 28 uomini, 19 donne e 46 minori. Originaria della Siria era anche la donna di 49 anni, giunta in gravi condizioni il 28 agosto a Siracusa, che è morta ieri nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Umberto I e di cui sono stati donati gli organi.

Era arrivata insieme al marito e ai due figli, insieme scappavano dalla guerra civile. Avevano lasciato la capitale, Damasco, dove la donna era infermiera professionale. Ma le condizioni al suo arrivo erano già apparse critiche. «Per gli evidenti segni di sofferenza cerebrale – spiega il coordinatore dell’Ufficio Trapianti dell’Asp di Siracusa Franco Gioia – era stata ricoverata d’urgenza e, dopo due giorni, per l’aggravarsi delle condizioni, era stata trasferita nel reparto di Rianimazione». Quindi, lo stesso Gioia ha voluto sottolineare la decisione del marito di acconsentire alla donazione degli organi. «Pur nella sofferenza per la perdita della propria consorte – sottolinea – travalicando i confini della disperazione per la guerra che li ha costretti a fuggire e il proprio credo religioso islamico, non ha esitato a dare un segnale di grande altruismo al popolo che li aveva accolti acconsentendo al prelievo di fegato e reni per restituire la vita ad altre tre persone». Il fegato e un rene verranno trapiantati all’Ismett di Palermo, il secondo rene al Policlinico di Catania.

Redazione

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