Sbagliato e incivile ‘crocifiggere’ i politici prima di una sentenza

LA RIFLESSIONE SEMBRA PRENDERE SPUNTO DAL ‘CASO’ DELLE SPESE PAZZE DELL’ARS ESPLOSO IN QUESTI GIORNI. PRIMA DI EMETTERE SENTENZE DI CONDANNA ‘INAPPELLABILI’ SAREBBE CORRETTO ATTENDERE IL GIUDIZIO FINALE

“C’è, oggi più di ieri, una sensibilità sociale distonica, alcuni fatti vengono additati a scandalo, altri fatti, della medesima sostanza, al contrario, non destano alcun turbamento. Mi riferisco alla vicenda, peraltro ripresa anche da questo giornale online, della bella vigilessa accusata di essere al centro di un giro di prostituzione a Palermo.
Correttamente, e questo tocca la mia sensibilità di garantista che mi porta a considerare innocente chi non è stato ancora condannato in maniera definitiva, una parte dell’opinione pubblica si è chiesta se fosse giusto “sbattere il mostro in prima pagina”, cioè dare sfogo al cosiddetto “linciaggio mediatico” a cui è stata da alcuni giorni sottoposta la donna. Una domanda che non può avere altra risposta se non quella che conduce all’indignazione.
La dignità, l’immagine della persona va infatti tutelata in ogni caso e chiunque attenti ad essa dovrebbe, questo sì, essere posto al pubblico ludibrio. Ma il problema che pongo – e qui sono certo che il solito moralismo all’italiana fondato sul transfert, cioè sull’additare un capro espiatorio per scaricare anche le colpe proprie, verrà certamente fuori con la sua aggressiva proposizione – è se la stessa sensibilità la si riscontra anche in altre occasioni.
C’è una categoria di persone che, per il fatto di svolgere un certo tipo di attività, sembrano portare lo stigma della colpevolezza al di là dei fatti per i quali sono chiamati a rispondere. Per queste categorie infatti non dovrebbero valere le regole civili della corretta informazione e quei principi di civiltà giuridica, elaborati nel corso dei secoli, che fanno la vera differenza con la barbarie.
Mi riferisco, ma credo che si sia capito, a chi fa politica, a chi s’impegna a praticare quell’arte che, secondo la bella definizione di PaoloVI, “è la più alta forma di carità”. Gli scandali di questi ultimi anni, la corruzione dilagante, la crisi economica e culturale nella quale ci troviamo invischiati, certo danno una spinta a questo clima barbaro che porta alla gogna anche mediatica, ma mi chiedo se siano di per sé sufficienti ad autorizzare giudizi ed esternazioni che, quasi sempre, sono sopra le righe.

A guardare gli esiti della gran parte delle iniziative giudiziari contro politici, si registra uno sconfortante risultato negativo. Quanto ha fatto chiasso – arresti clamorosi, detenzioni ingiustificate, dileggio e spregio – il più delle volte risulta infondato quando non, addirittura, maliziosamente costruito. Naturalmente, di questi risultati, la stampa, il mondo mediatico non rende edotte le persone, c’è quella ipocrita mediocrità che impedisce di dire: “Ci siamo sbagliati”, e d’altra parte, ben si sa che fa notizia quanto rompe l’ordinarietà e non certo la smentita di un’accusa.

Questo modo di manifestarsi dell’informazione e il clamoroso ascolto che da essa ne deriva è sicuramente frutto della rottura di sintonia fra società civile e rappresentanza – una rottura che, diciamolo senza false ipocrisie, a cui purtroppo si è abituati – è dovuta non solo alle mancate legittime risposte che la rappresentanza avrebbe dovuto dare, ma anche per la maggior parte, e insisto nel dire che son maggioritarie, delle “illegittime risposte” che si pretendono dalle stesse rappresentanze politiche.

Eppure, tutto questo lo dico con quella responsabilità di chi è stato sempre esterno al mondo politico per avere le mani libere, mi pare che su queste cose sarebbe opportuno riflettere mettendo da parte preconcetti e passioni e guardando la realtà con serena obiettività.

Pasquale Hamel

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