Sant’Agata 2019, il capovara e la rivolta dei cordoni «In processione servirebbero rispetto ed educazione»

L’atmosfera per le strade di Catania è ancora rigida. Nell’aria si mischiano stanchezza, nervosismo, delusione. E il coraggio di una scelta storica che ha tanti protagonisti, ma un solo nome che in queste ore fa rumore: Claudio Consoli. L’uomo che non vuole essere definito «eroe» e che, dal fercolo di Sant’Agata, dirige una delle processioni religiose più partecipate al mondo. È sua la clamorosa decisione di ieri mattina: lo stop alla tradizionale salita di Sangiuliano. Poche centinaia di metri in pendenza lungo una strada stretta in cui non è possibile sbagliare una mossa. Anche perché in quel pezzo di città, che si caratterizza per la presenza del basolato lavico a terra, nell’edizione 2004 trovava la morte, calpestato dalla calca, il devoto 22enne Roberto Calì. Ma cosa è successo davvero in questa edizione 2019, costellata da decisioni che hanno scatenato più polemiche del solito e spaccato il fronte dei devoti?

Alla base delle presa di posizione di Consoli c’è stata l’eccessiva presenza di persone lungo i due cordoni. Un fiume che tira il fercolo e regge in mano 257 metri di fune in totale al cui capo sono collegate quattro maniglie per lato. «Erano troppi e non controllabili e questo non garantiva di procedere a passo d’uomo. Per questo motivo, buona parte delle persone sarebbe dovuta uscire dal cordone per consentire di affrontare la salita con le condizioni di sicurezza stabilite», spiega Consoli. A parte dei devoti è stata chiesta una cosa precisa: rinunciare a tenere in mano la fune così da permettere il normale svolgimento della processione secondo il percorso. Ma così non è stato. E si è assistito alla scena del maestro del fercolo che, per cinque volte, scende dalla vara e, in un nervoso avanti e indietro, chiede alle persone di farsi da parte. Senza risultato.

Così si arriva alla decisione di staccare le corde dal fercolo rendendolo autonomo, spaccando in due la processione. Da un lato la vara e dall’altro centinaia di persone che continuano a reggere il cordone. Il serpentone, nonostante i tentativi di qualcuno di ritirarlo alla base della salita di San Giuliano, è rimasto al suo posto proseguendo in autonomia fino al rientro in piazza Duomo. La vara, invece, ha girato lungo via Etnea per tornare in Cattedrale. Salvo assistere alla contestazione di alcuni fedeli. Tra chi ha scelto la strada diretta degli insulti a Consoli e chi ha preferito sacrificare il bianco del proprio sacco per fingere uno svenimento e provare a bloccare la santa.

Al momento non ci sono nomi e cognomi per chi ha cercato il braccio di ferro con i responsabili dei festeggiamenti, ma di certo c’è che molti di loro erano giovanissimi. «Per stare in processione bisognerebbe avere rispetto ed educazione, in particolare verso le persone che hanno maggiore esperienza. Almeno questi sono i ricordi di quando io ero piccolo e affrontavo la salita: se mi dicevano di levarmi, smammavo», sono le parole di Consoli a caldo. Regole non scritte in un decalogo che sembrano essersi perse nel tempo e che hanno spinto Scionti a definire queste persone come dei «delinquenti». Parole forti seguite da vibranti applausi. Come se tutto questo non bastasse, l’edizione 2019 verrà ricordata anche per le polemiche legate al maltempo e all’impegno di andare in processione – giorno 5 febbraio – nonostante l’allerta della protezione civile di colore arancione. «Cosa sarebbe successo se avessimo tenuto Sant’Agata dentro la chiesa e poi ci fosse stato il sole? Anche perché le previsioni davano un miglioramento nel pomeriggio e così è stato, tanto che lungo il percorso del giro interno non è caduta una goccia d’acqua».

Anche in quel caso, però, il nome di Consoli è passato di bocca in bocca tra le polemiche. Prima per i presunti rischi corsi dal busto reliquiario durante il giro esterno: «Non c’era vento e la Santa era coperta dalla pioggia. Noi ci siamo bagnati? Pazienza». Poi per non aver cambiato percorso durante le precipitazioni più intense, accorciando così le ultime fasi della processione: «In via Garibaldi, all’altezza di piazza Duomo, c’era un dosso utilizzato per proteggere dei cavi e il fercolo non sarebbe potuto passare».

Dario De Luca

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