Un milione e 750mila euro. È la cifra che la società Ingegneria & Appalti ha richiesto come interessi di mora al Comune di Santa Venerina. E a dargli ragione, adesso, è stato anche il tribunale amministrativo regionale del Lazio che ha accolto il ricorso presentato dalla ditta che chiede la somma per gli interessi di mora maturati per il ritardo nei pagamenti dal momento del dissesto dell’ente comunale (il 12 marzo del 2013) alla data della effettiva soddisfazione del pagamento avvenuta il 22 gennaio del 2018. «Noi adesso ricorreremo in appello al Consiglio di Stato – annuncia a MeridioNews il sindaco di Santa Venerina Salvo Greco – perché siamo convinti che la norma che regola questa questione non lasci spazio a interpretazioni equivoche. Ma anzi – commenta – si tratterebbe di un sovvertimento assoluto».
La norma a cui fa riferimento il primo cittadino è il comma 4 dell’articolo 248 del Testo unico degli enti locali: «Dalla data della dichiarazione del dissesto e sino all’approvazione del rendiconto – si legge nella norma del Tuel – i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazione già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organismo straordinario di liquidazione a decorrere dalla loro liquidità ed esigibilità». Nel caso di Santa Venerina, nonostante il dissesto, il debito è stato totalmente pagato: la commissione straordinaria di liquidazione ha corrisposto a Ingegneria & Appalti la somma di 4.830.953,92 euro (che comprende anche 476.547,96 euro di interessi calcolati, però, fino alla data del dissesto). «Abbiamo cercato di capire come ha funzionato la giurisprudenza in casi come questi – spiega il sindaco Greco – Rispetto a un debito che è stato integralmente soddisfatto, mi pare assurdo che il creditore possa pretendere di fare maturare anche gli interessi». La giurisprudenza, però, ha sancito un principio che ammette che gli interessi possano essere richiesti all’ente ormai risanato.
Così, va avanti una storia che per la cittadina pedemontana sembra non avere fine. Nell’ottobre del 2002, qualche giorno dopo il terremoto del 29 ottobre che colpì il versante orientale dell’Etna, l’amministrazione dell’allora sindaco Enrico Pappalardo, approva un progetto di finanza – con durata di 30 anni – per la potabilizzazione dell’acqua con la società Ingegneria & Appalti. L’amministrazione successiva, guidata da Nino Ferlito, si rende conto dell’eccessiva onerosità del contratto (anche a fronte della prestazione di trattamento e potabilizzazione di un’acqua già di per sé potabile) e comincia a lavorare allo scioglimento del rapporto con la ditta. Nel 2018 viene rieletto Pappalardo e decide di approvare una risoluzione unilaterale del contratto: matura così un grosso debito sancito da un lodo arbitrale del 13 luglio del 2010. Il Comune viene condannato a pagare 4.354.405,96 euro (oltre agli interessi) e, anche per questo, nel 2013 è costretto a dichiarare il dissesto.
«Io sono stato eletto appena due mesi dopo – racconta Greco – e, sin da subito ho dovuto fare i conti con questa pesante eredità. Nonostante il lodo del 2010 avesse reciso il contratto, la società ha continuato a detenere gli impianti e a fare i trattamenti dell’acqua mentre noi continuavamo a dire che non avrebbe dovuto. Credo – aggiunge il sindaco – che l’errore sia stata la scissione unilaterale del rapporto. Un accordo di risoluzione non avrebbe portato al lodo arbitrale», sostiene. Nel gennaio del 2018, cinque anni dopo la dichiarazione del dissesto, il debito viene pagato e gli impianti vengono restituiti.
«Se anche venisse confermato che la società ha diritto a quanto richiesto – afferma il primo cittadino – non si può ammettere che sia il Comune a pagare perché non ha nessuna colpa. Chiamerò a risponderne l’Organismo straordinario di liquidazione e il ministero dell’Interno». Questo perché, nel 2014, Santa Venerina ha ottenuto una anticipazione milionaria statale che consentiva di estinguere tutti i debiti ma Osl e Viminale hanno ritenuto non fosse possibile usarli per la cifra da dare a Ingegneria & Appalti. Dopo avere vinto una causa, solo nel gennaio del 2018 l’ente è riuscito a ottenere l’impiego delle somme per il pagamento anche dei creditori che non avevano aderito alla procedura semplificata. La sentenza del Tar del Lazio, adesso, è stata inviata anche alla procura della Repubblica di Messina dove, dopo un esposto presentato da sindaco Greco nel luglio del 2017, è aperto un procedimento che vede indagato il titolare della società per truffa contro il Comune.
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