Cronaca

Sanità, promemoria per il futuro assessore: «Tremila infermieri in meno e medici esterni pagati duemila euro al giorno»

Case e ospedali di comunità. Strutture intermedie che dovrebbero rendere più snella e capillare la sanità siciliana, anche e soprattutto in provincia. Un’eredità firmata dall’assessore alla Salute uscente Ruggero Razza, che ha aderito a una specifica linea (e ai fondi) del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con una scadenza tassativa: il 2026. Toccherà però al suo successore sciogliere il nodo principale: il personale, già carente da tempo nelle strutture esistenti. La stima futura è di almeno tremila infermieri necessari, con assunzioni promesse ma ancora non avvenute. Quasi dappertutto in Italia.

Eccezione positiva è il Friuli Venezia Giulia che ha attivato il percorso per l’assunzione di 400 infermieri di famiglia – o di comunità – entro il 2025. «Dovevano essere otto ogni 50mila abitanti. Un numero non elevato ma che sarebbe stato un inizio per strutturare la medicina territoriale – spiega Salvatore Vaccaro, segretario etneo e vicesegretario nazionale del sindacato degli infermieri Nursind, ospite a Ora d’aria, in onda su Radio Fantastica e Sestarete tv-canale 81 – Di questo non abbiamo visto niente e non sappiamo se i fondi siano stati usati invece per il Covid o per sopperire a carenze di organico precedenti anche in reparti non Covid».

Perché la situazione era appunto grave anche prima della pandemia e, stimano i sindacati, peggiorerà con le nuove strutture intermedie. Per questo Vaccaro avanza una proposta: «Slegare dalle Asp gli ospedali periferici della provincia, che più soffrono delle carenze di personale, e legarli alle grandi aziende ospedaliere delle città che ne soffrono meno, così da condividere le risorse, sia mediche che infermieristiche». Nella visione del Nursind etneo, ad esempio, l’ospedale Cannizzaro potrebbe occuparsi di gestire le strutture di Acireale e Giarre; il Garibaldi di dirigere Paternò, Bronte e Biancavilla; il Policlinico-San Marco di Caltagirone e Militello. «Permettendo alle Asp di concentrarsi appunto sulla medicina territoriale che si dovrà sviluppare», continua Vaccaro.

Il che comporterebbero persino un risparmio. «Alcuni ospedali periferici hanno una carenza di personale così forte da dover chiamare dei medici in convenzione (cioè esterni, non dipendenti, ndr) pagandoli da 90 a 120 euro l’ora – conclude Vaccaro – Questo significa che un medico con un turno di 24 ore in Pronto soccorso, già di per sé grave per la sua lucidità, costa all’Asp circa 2400 euro al giorno. Una cifra enorme che si potrebbe ridurre con la nostra proposta». Così come con le assunzioni.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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