Otto strutture ospedaliere di secondo livello e diciotto di primo livello. È questa la nuova rete sanitaria siciliana, in queste ore al vaglio del ministero della Salute, presentata nel corso del vertice coi sindacati convocato dall’assessore Baldo Gucciardi a piazza Ottavio Ziino, a Palermo. Tramonta così il progetto tracciato dalla riforma Russo che immaginava una medicina del territorio strutturata attraverso ospedali di comunità che avrebbero avuto solo riabilitazione e lungodegenza. La ricetta di Gucciardi prevede invece la riproposizione degli ospedali riuniti, con le strutture che mantengono la propria autonomia.
Nel comprensorio tra Palermo e Trapani, l’ospedale Civico sarà affiancato dal Policlinico Paolo Giaccone e dagli ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello. Il San Raffaele Giglio di Cefalù diventerà struttura di primo livello, così come l’ospedale Ingrassia, il Buccheri La Ferla, il Sant’Antonio Abate e l’ospedale di Marsala. A Partinico, Termini Imerese, Alcamo, Castelvetrano, Mazara del Vallo ci saranno presidi ospedalieri di base con pronto soccorso e posti di osservazione per i degenti. Manterranno le aree di emergenza Corleone, Petralia Sottana e Pantelleria.
Nel comprensorio tra Catania, Ragusa e Siracusa, gli ospedali di riferimento saranno il Cannizzaro, il Garibaldi e il Policlinico Vittorio Emanuele. Salvi anche gli ospedali riuniti di Giarre e Acireale, strutture di primo livello. Così come dipartimenti di primo livello saranno Caltagirone, Ragusa, gli ospedali riuniti di Vittoria e Comiso, Siracusa e i riuniti di Avola e Noto. Biancavilla, Paternò, Modica-Scicli e Lentini manterranno il pronto soccorso. Bronte e Militello Val di Catania, quelli di area disagiata.
A Messina, il Policlinico rimane di secondo livello. Tra le strutture di primo livello Barcellona Pozzo di Gotto e Milazzo, il San Vincenzo di Taormina e il Papardo. Nell’area Agrigento, Caltanissetta ed Enna, il Sant’Elia diventa dipartimento di emergenza-urgenza di secondo livello. Subito dopo gli ospedali di Agrigento, Sciacca e Ribera, il Vittorio Emanuele di Gela e l’Umberto I di Enna. Canicattì, Licata, Piazza Armerina e Nicosia le strutture di base.
Un incontro «proficuo», secondo il segretario generale della Cisl Sicilia, Mimmo Milazzo e il segretario generale della Cisl Fp Sicilia, Gigi Caracausi, che però invocano rapidi «passaggi politico – istituzionali, per poter sbloccare le assunzioni nel più breve tempo possibile». «La migliore possibile alle condizioni date – secondo la Cgil Medici -, la nuova rete disegna l’architettura ospedaliera e assistenziale su cui dovrà poggiare l’intero servizio sanitario regionale e su cui dovrà essere costruita una seria medicina distrettuale, sia per la necessaria integrazione ospedale-territoriale, sia per la sua strutturazione ed implementazione».
Una rete nata «dall’esigenza di rendere uguale il diritto alla salute per tutti i cittadini» secondo l’assessore Gucciardi, che sottolinea come nel disegno della rete si sia tenuto conto «delle peculiarità del territorio regionale in quanto la Sicilia presenta criticità strutturali connesse al territorio». Il titolare della massima poltrona di piazza Ziino ricorda «la costante quotidiana presenza di migliaia di sbarchi di migranti, che indubbiamente condiziona e stressa il sistema sanitario regionale e soprattutto l’area di riferimento dei presidi ospedalieri delle zone costiere, ma anche dell’entroterra, con il risultato di dover supportare le risposte assistenziali con la presenza di presidio ospedaliero Dea di I livello o di unità operative complesse non previste nella normale classificazione del presidio ospedaliero».
Insomma, «nessun ospedale verrà chiuso – garantisce Gucciardi -, ma ogni ospedale sarà funzionale e complementare all’altro, salvaguardando tutti i presidi compresi quelli delle isole minori e delle zone più disagiate». La nuova rete approderà in Assemblea regionale tra qualche giorno per il parere obbligatorio.
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