Sanità, lo scippo di Roma alla Sicilia

Egregio direttore,

seguo con interesse la battaglia che state conducendo – debbo aggiungere in solitudine – in favore della Sicilia contro uno Stato che si tiene i soldi delle accise sui consumi di idrocarburi che dovrebbero compensare il maggiore esborso della stessa Regione per le spese sanitarie. Vorrei un chiarimento. Qualche giorno fa, avete citato il parlamentare regionale, Pippo Gianni, che sostiene che questo ‘scherzetto’ sta costando alla Regione – e quindi ai contribuenti siciliani – 350 milioni di euro all’anno. Ieri, invece, avete scritto che il mancato introito di queste accise costa alla Regione circa 600 milioni di euro all’anno. Può fare chiarezza su questo punto?

 

Egregia lettrice,

lei ha ragione: qualche giorno fa abbiamo riportato la tesi dell’onorevole Pippo Gianni, che ipotizza una perdita, per le ‘casse’ regionali, di 350 milioni di euro. Ieri, carte alla mano, abbiamo rifatto i conti. E abbiamo scoperto che il mancato incasso delle accise sui consumi di idrocarburi costa alla Regione siciliana circa 600 milioni di euro. Insomma, l’onorevole Gianni era stato ottimista. Il danno per la nostra Regione è maggiore.

Ripercorriamo questa storia a vantaggio dei nostri lettori.

Nel 2007 il Governo nazionale guidato da Romano Prodi decide che la Regione siciliana dovrà aumentare la quota di compartecipazione alle spese della sanità. Si tratta di una decisione ‘politica’. Una chiara manovra contro la Sicilia. A nostre spese lo Stato sistema il proprio bilancio. Più avanti spiegheremo come e perché si è trattato di una manovra contro la Sicilia studiata a tavolino dalle burocrazie ministeriali.

La quota di compartecipazione alle spese della sanità a carico della Regione siciliana, che nel 2006 era pari al 2 virgola qualcosa per cento, viene portata, nel 2007, al 44,9 per cento. Con una maggiore quota, a carico della Regione, di circa 178 milioni di euro.

L’anno successivo – nel 2008 – la quota di compartecipazione della Regione alle spese sanitarie viene portata al 47,5 per cento. Con un maggiore esborso, a carico della regione, di circa 400 milioni di euro.

Nel 2009 la quota di compartecipazione alle spese sanitarie della Sicilia a carico della Regione viene portata al 49,11 per cento. Con una maggiore quota, a carico della Regione, di circa 600 milioni di euro.

Nel 2010, nel 2011 e nel 2012 la Regione siciliana ha continuato a pagare, ogni anno 600 milioni di euro.

Attenzione: nell’accordo tra Stato e Regione del 2007 c’è scritto che la Regione siciliana, per compensare i maggiori esborsi frutto dell’aumento della quota di compartecipazione, avrebbe dovuto incassare una quota delle accise sui consumi di idrocarburi (si tratta, in pratica di imposte) stimata in una percentuale oscillante dal 20 al 50 per cento.

A questo punto arriva l’inghippo che, a nostro giudizio, è stato creato scientemente da Roma. Nell’accordo viene stabilito che la Regione potrà incassare la quota di queste accise dopo il ‘placet’ della Commissione paritetica Stato-Regione.

Ebbene, da allora ad oggi la Commissione paritetica non ha mai dato il ‘placet’. Esistono, agli atti, verbali nei quali c’è scritto, di fatto, che questo ritardo è causato dai componenti dello Stato. La dimostrazione che quello del 2007 non era altro che un ‘Patto leonino’ ai danni della Regione siciliana.

Ricordiamo che, sulla vicenda, c’è anche un pronunciamento-capolavoro della Corte Costituzionale. Noi non siamo giuristi, come quelli che invece si sceglie l’attuale presidente della Regione, che si autodefiniscono “bravi” nel corso delle conferenze stampa. Di questo pronunciamento della Consulta abbiamo capito che i tre articoli della legge Finanziaria nazionale del 2007 che ha introdotto questo scippo ai danni della Sicilia – che se non ricordiamo male dovrebbero essere gli articoli che vanno dal 90 al 93 o 94 – vanni visti “singolarmente”: lo Stato, insomma, può scippare alla Sicilia prima 178 milioni di euro, poi circa 400 milioni di euro, poi, ancora 600 milioni di euro ogni anno; ma se, poi, la Commissione paritetica non dà il placet all’erogazione delle accise alla Regione, beh, oltre 5 milioni di siciliani possono pure prenderla in quel posto!

Perché, cara lettrice, i soldi nostri, soldi dei siciliani, soldi che lo Stato ci ha scippato dal 2007 ad oggi – soldi che non vedremo mai più – noi siciliani, dal 2007, li stiamo pagando con i tagli selvaggi che, dal 2009 ad oggi, sono stati effettuati sulla nostra sanità pubblica: posti letto in meno, ospedali che sono deliranti (Giarre è un esempio lampante…), Pronto soccorsi ridotti all’osso, medici stressati, infermieri e personale stressati da turni di lavoro massacranti e, nelle ultime settimane, l’incredibile chiusura di 28 Punti nascita.

Ieri sera abbiamo passato una nota di Cgil, Cisl e Uil. Dove vengono stigmatizzate le carenze delle strutture sanitarie pubbliche siciliane, non per responsabilità del personale medico e paramedico, ma per responsabilità politiche.

Che fa l’attuale Governo regionale davanti a questi fatti? Invece di andare a Roma a chiedere lo sblocco delle accise e gli arretrati, propone altri tagli alla sanità pubblica siciliana. Una scelta vergognosa, da parte di un Governo di ‘ascari’, che invece di fare gli interessi della Sicilia, fa gli interessi romani.

Questi sono i fatti. Di fatto – questi sono numeri riportati nella relazione della Corte dei Conti di qualche giorni fa – la quota di compartecipazione della Regione siciliana alla spesa sanitaria della nostra Isola è passata dal 38,4 per cento del 2007 al 51,8 per cento del 20012. Ognuno, poi, si assume le proprie responsabilità.

g.a.

 

 

Redazione

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