Sanità catanese, quei manager a bagnomaria Una vicenda molto politica e poco giudiziaria

Non sappiamo che cosa ci sia dietro l’intervento, per certi versi clamoroso, della magistratura sulle nomine mancate di Angelo Pellicanò e Paolo Cantaro ai vertici del Cannizzaro e del Policlinico di Catania. Le cronache di ieri raccontano di una visita della Digos, a Palermo, negli uffici della presidenza della Regione siciliana e dell’assessorato alla Salute. Un lancio dell’Ansa informa che il titolare del fascicolo è il pubblico ministero della procura della Repubblica di Catania, Angelo Busacca. E che questa vicenda giudiziaria, per ora alle battute iniziali, sarebbe stata aperta in seguito alla denuncia di un’associazione di consumatori.

Ieri, il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, ha messo le mani avanti, come si usa dire in questi casi, dicendo che il Governo «sta rispettando la legge». Aggiungendo: «Abbiamo anche un parere dell’avvocatura dello Stato». La vicenda – che prima di essere amministrativa è politica – è stata già raccontata da CTzen. Qualche mese fa Angelo Pellicanò e Paolo Cantaro – due stimati medici che, nel corso degli anni, in ragione degli incarichi professionali svolti hanno acquisito i titoli per potere svolgere il ruolo di manager della sanità – vengono nominati dal governo regionale ai vertici dell’azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania e del Policlinico universitario Vittorio Emanuele. Alle nomine, però, non fanno seguito le firme dei contratti. Nomine che rimangono nel limbo fino al giorno prima dell’entrata in vigore di un decreto legge – ovviamente nazionale – che introduce l’inconferibilità degli incarichi ai dirigenti in pensione. Questo decreto, voluto dal governo di Matteo Renzi, crea problemi a Pellicanò e Cantaro che sono, per l’appunto, dirigenti in pensione.

Se il governo regionale gli avesse fatto firmare i contratti prima dell’entrata in vigore del decreto, i due medici-manager non avrebbero avuto problemi. Ma l’esecutivo Crocetta, come già ricordato, ha tenuto le nomine nel limbo per un periodo piuttosto lungo, anche perché, tra i nominati, c’erano altri manager sui quali pesava – e pesa ancora – l’ombra di punteggi un po’ troppo ballerini. Dopo il 25 giugno – giorno in cui entra in vigore il decreto – si pone una questione giuridica particolare: Pellicanò e Cantaro, in quanto nominati prima dell’entrata in vigore del provvedimento, possono firmare i contratti o per loro vale la cosiddetta inconferibilità? Oggi Crocetta afferma di aver chiesto un parere all’avvocatura dello Stato. Dal quale si evincerebbe che Pellicanò e Cantaro non potrebbero più firmare il contratto perché dirigenti in pensione. Fin qui i fatti.

Ma oltre ai passaggi amministrativi ci sono anche considerazioni politiche. Il nostro giornale, già qualche mese addietro, segnalava la stranezza dei manager della sanità pubblica siciliana tenuti a bagno-Maria dopo le nomine annunciate dal Governo regionale sui giornali. I casi di Pellicanò e Cantaro, poi, sembravano ancora più strani. Considerati entrambi vicini al Pd, come già accennato, con le firme dei rispettivi contratti, che non si sono mai materializzate, avrebbero risolto tutti i problemi. Invece la loro vicenda è stata trascinata nel tempo. Con la sensazione – in realtà è più di una sensazione – di far finire le due nomine in un binario morto.

Non vedere, in questa storia, una volontà politica sarebbe pura miopia. E’ evidente che quella che si è scatenata nella maggioranza – o presunta tale – che dovrebbe sorreggere a Sala d’Ercole, sede del Parlamento siciliano, il Governo Crocetta è una guerra per bande. Che ha avuto e continua ad avere come posta in palio la sanità pubblica catanese. Ricordiamo che, ancora in questo momento, la sanità pubblica di Catania e provincia è tutta commissariata. E non perché manchi un governo regionale, ma perché all’interno dello stesso non c’è accordo su come gestire la situazione. Saranno i magistrati ad accertare l’eventuale presenza di violazioni di legge. Noi, in questa fase, non possiamo non segnalare un problema di moralità pubblica: è normale lasciare un’intera provincia con la sanità pubblica commissariata perché da lunghi mesi va in scena una guerra per le poltrone? Ricordiamo che in questa storia non sono importanti solo i direttori generali delle strutture sanitarie, ma anche i direttori amministrativi, i direttori sanitari e, soprattutto, i primari.

In questa storia amara si scontrano due idee della politica oggi più che mai contrapposte e più che mai ai ferri corti. Da una parte c’è la politica, che in democrazia, piaccia o no, si organizza attorno ai partiti. Con i partiti che, in ragione del consenso popolare che hanno alle spalle, rivendicano la gestione della cosa pubblica. E dall’altra parte c’è un governo, anzi, un presidente della Regione eletto dal popolo – in verità con un risultato piuttosto striminzito – che rivendica un potere che, complice una legge elettorale sbagliata, è simile a quello di un tiranno dell’antica Grecia.

Lo scontro tra partiti e governo va avanti da mesi. Senza sosta. E sta assumendo, con il caso della sanità pubblica catanese, un valore emblematico. C’è il Pd, alleato e sostenitore del governo Crocetta, che rivendica un ruolo attivo nell’esecutivo che ha contribuito a far nascere. Ma c’è anche il di Lino Leanza e il suo movimento Articolo 4, che alle ultime elezioni europee ha dimostrato, in termini elettorali, di valere tanto, forse di più dello stesso governo Crocetta e dei suoi venti e più deputati dell’Ars raccolti attorno al presidente della Regione e al senatore Giuseppe Lumia. Tutti insieme – Crocetta, Lumia, gli oltre venti deputati dell’Ars e gli altri alleati del governo (si pensi a Confindustria Sicilia) – non sono riusciti ad eleggere al Parlamento europeo un assessore regionale in carica, Michela Stancheris. Mentre Articolo 4 di Leanza ha portato a Strasburgo la propria candidata, Michela Giuffrida.

Il passaggio elettorale, barometro di ogni democrazia, ha finito con l’accentuare lo scontro tra governo e partiti. Soprattutto alla luce della pesante sconfitta di Crocetta, Lumia e dei loro alleati alle elezioni europee, che si illudono di avere tutta la Sicilia tra le mani e che invece scoprono di non essere molto popolari tra i siciliani. Da qui, con molta probabilità, il gioco un po’ osceno del governo Crocetta e dei suoi alleati sulla sanità pubblica catanese (in questo caso, “fuori dalla scena” della razionalità morale e politica prima che amministrativa).

Sullo sfondo, l’illusione di recuperare sul piano del potere ciò che si è perso sul piano politico, sociale ed elettorale. Magari con le nomine dei manager, dei direttori sanitari e amministrativi e, soprattutto, giocando sul potere di veto nell’assegnazione dei primariati: alla fine, solo vecchia politica a ventiquattro carati.

Giulio Ambrosetti

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