Chiuso il congresso del Mpa, il governo si accinge ad affrontare uno degli argomenti più ‘caldi’ della Sicilia: le nomine dei vertici delle Aziende ospedaliere e sanitarie. E’ noto che gli incarichi dei direttori generali, nominati nell’estate del 2009, scadono il 31 agosto del 2012. Il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, e l’assessore regionale alla Salute, Massimo Russo, hanno davanti due strade: lasciare ‘l’onere’delle nomine al prossimo governo (dando per buone le dimissioni di Lombardo il 31 luglio…), oppure, assumersi ‘la responsabilità’ di nominare tutti i direttori.
Conoscendo Lombardo e Russo, è molto probabile che i due si assumeranno ‘l’onere’ di rinnovare tutti i vertici della sanità siciliana. Le nomine dovrebbero essere effettuate entro la fine di questo mese (dando sempre per buone le dimissioni di Lombardo a fine mese…). Secondo radio tam tam, però, sembra che, da qui a qualche giorno, governatore e assessore, dovrebbero servire un ‘antipasto’: sarebbero, infatti, pronti, i rinnovi delle gestioni commissariali di alcune aziende ospedalieri. Si tratta, ovviamente, di voci appese ai ‘si dice’. Si dice, ad esempio, che due gestioni commissariali dovrebbero essere rinnovate a Catania, feudo di Lombardo e del suo fido, Giovanni Pistorio. Un’altra gestione potrebbe essere rinnovata ad Agrigento, una a Taormina. E, poi, ci sarebbe il Civico di Palermo.
Difficile in questa fase capire cosa hanno in testa Lombardo e Russo. Rinnoveranno i contratti agli attuali commissari? Ne nomineranno di nuovi? Trasformeranno gli attuali commissari in direttori generali? Tutto è affidato agli equilibri della politica.
Si dice per esempio-LinkSicilia lo ha scritto circa un mese fa- che l’attuale commissario del Civico di Palermo (Carmelo Pullara) potrebbe diventare direttore generale. Un’altra indiscrezioni riguarda Francesco Poli, direttore generale del Cannizzaro di Catania e commissario dell’azienda ospedaliera di Taormina. Per raggiunti limiti di età Poli dovrebbe essere sostituito in entramb gli incarichi. Ovviamente, le nomine dei vertici della sanità siciliana si intersecano con il complicato momento politico della Regione. E’ noto che il presidente Lombardo, dovrebbe dimettersi il 31 lglio, m se, come si sussura, il governo rinnoverà i vertici delle Aziende ospedaliere e sanitarie dell’Isola, le sue dimissioni finirebbero col creare qualche problema di compatibilità ‘politica’.
Le nomine fatte dal governo, infatti, devono essere ratificate dalla prima Commissione legislativa dell’Ars (Affari istituzionali). Un parere obbligatorio, ma non vincolante per il governo. Se Lombardo dovesse effettuare prima le nomine e poi si dovesse dimettere,la prima Commissione non avrebbe il tempo tecnico per ratificare le nomine. Questo perché, con le dmissioni del Presidente, decade automaticamente l’Assemblea regionale siciliana. Se ne potrebbe dedurre (ragionando maliziosamente) che Lombardo potrebbe utilizzare le nomine della sanità per convincere il parlamento a postergare le sue dimissioni. Anche perché, trascorso un certo periodo, le nomine si intendono ratificate anche senza il parere espresso (silenzio-assenso).
Conoscendo le grandi capacità consaciative di Lombardo e dei deputati siciliani, non è da escludere che ci sia già, o sia in fieri, un accordo tra governatore e parlamentari della prima Commissione per spartirsi i direttori sanitari e amministrativi delle Aziende sanitarie e ospedaliere. Che quello che scriviamo non è campato in aria, lo dimostra il fatto che Sala d’Ercole non ha mai preso in considerazione di approvare la legge blocca-nomine.
Un mese fa o giù di lì, le opposizioni, davanti alle continue nomine di Lombardo, annunciarono la subitanea approvazione di una legge che avrebbe dovuto consentire, nella prossima legislatura, al governo e all’Ars di revocare le nomine fatte da Lombardo in questo ultimo scorcio di legislatura. Ma non se ne è fatto nulla. Basti pensare che un direttore generale di un’azienda ospedaliera percepisce una indennità annua di 250mila euro, che in tre anni fanno 750mila euro. Revocare un incarico del genere, nella prossima legislatura, senza una legge blocca-nomine, significherebbe riconoscerli quanto previsto dal contratto triennale e, in più, pagare quello nuovo.
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