Avrebbero preso tangenti per sbloccare l’iter autorizzativo per la realizzazione di un parco commerciale. Questa l’accusa rivolta a Pasquale Aliprandi e Giuseppe Recupero, attuali sindaco e vicesindaco di San Filippo del Mela, in provincia di Messina. I due sono stati fermati oggi dai carabinieri del Ros e posti agli arresti domiciliari per disposizione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.
Le indagini, coordinate dal procuratore Emanuele Crescenti e dal sostituto Alessandro Liprino, sono iniziate nel 2010 e hanno riguardato i rapporti intrattenuti dai due – Aliprandi all’epoca era vicesindaco e Recupero assessore al Commercio – con un imprenditore catanese deceduto nel 2014. L’uomo entra in gioco come consulente della società Area srl, l’impresa che nel 2006 aveva presentato il progetto per La città della moda, del commercio e della tecnologia che sarebbe dovuto sorgere in contrada Archi.
L’imprenditore sarebbe riuscito a rimettere in moto l’iter burocratico, fermo da anni negli uffici anche per via di presunte anomalie progettuali. Per farlo non avrebbe esitato a elargire somme di denaro agli amministratori. I soldi sarebbero andati non solo ad Aliprandi e Recupero ma anche ad altri esponenti dell’amministrazione comunale. In particolare, il 20 settembre 2011, a bordo dell’auto del’imprenditore etneo, gli investigatori hanno registrato una conversazione – svoltasi vicino al cimitero comunale – in cui sarebbe stato evidente il pagamento di una tangente da 12mila euro a Recupero. Con l’amministratore che avrebbe prelevato i soldi da spartire con gli altri. «Gli toccano tremila euro l’uno, ne fanno l’uso che vogliono insomma», dice l’uomo, ormai deceduto.
E il pagamento avrebbe sortito gli effetti sperati: il 12 dicembre 2011, infatti, il consiglio comunale approva a maggioranza la deliberazione proposta dagli uffici Gestione territorio riguardante il piano di lottizzazione dei terreni in questione, per poi superare anche l’esame della conferenza dei servizi. Uno step che il consulente avrebbe ritenuto sufficiente, al punto che alcuni mesi dopo, a febbraio 2012, l’uomo si sarebbe rifiutato di versare altri soldi agli amministratori.
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