Cè chi dice no al Piano di risanamento del quartiere San Berillo. Almeno nella forma stabilita dallaccordo firmato il 16 novembre scorso tra i privati proprietari delle aree e il Comune di Catania. Con poche eccezioni, come quella di Sel, la firma è stata accolta da una pioggia di pareri positivi ed entusiasti che lhanno descritta come loccasione di chiudere una storica ferita nel centro storico di Catania e dare lavoro a migliaia di disoccupati. Oggi 18 associazioni si rivolgono al sindaco Raffaele Stancanelli e sollevano in una conferenza stampa alcuni punti di criticità.
Primo elemento sotto accusa è linadeguatezza di un piano pensato nel 1973, e quindi ormai obsoleto per una città che nel frattempo ha cambiato volto. «La qualità del progetto scrivono le associazioni non potrà essere garantita dal suo affidamento ad un archistar (Massimiliano Fuksas ndr) che sarà inevitabilmente condizionato dalla vetustà del Piano urbanistico e delle sue regole, che fissano i perimetri, le densità e le destinazioni dei singoli lotti». Fuksas, cioè, avrebbe le mani legate da scelte prese molto prima del suo intervento. Il rischio, sottolineano, è che nel caso in cui Fuksas volesse «esprimere liberamente la propria capacità progettuale» si finirebbe nuovamente bloccati da avvocati e azioni penali.
Vario il fronte delle diciotto associazioni firmatarie che va dal centro Astalli ai Domenicani per giustizia e pace passando per Cittàinsieme, Associazione culturale Città suoni, Centro De Felice Giuffrida, Federconsumatori, Gapa, Italia Nostra, La città Felice, Lipu, Nike officina ambiente di Libera (con le associazioni Asaec, Etna ‘ngeniousa, Legambiente, Rifiuti zero, Wwf) e il Comitato cittadino Porto del sole.
Ma è nel merito del progetto che si concentrano le osservazioni più interessanti. Mancanze che, secondo le associazioni, discendono da un unico peccato originale: lassenza di un piano regolatore per la città. «Laggiornamento viene rinviato di giorno in giorno scrivono lasciando trasparire un patetico accanimento nel volerlo tenere artificialmente in vita a tempo indeterminato, specchio di una reale incapacità a prendere delle decisioni indispensabili per la crescita economica, culturale e sociale della nostra città». Senza un piano regolatore generale, il progetto sul San Berillo diventerebbe «unoccasione persa», in quanto «non prevede aree libere con caratteristiche e dimensioni adeguate alle necessità della protezione civile in caso di grave evento sismico». Problemi di sicurezza, dunque, ma non solo. Le associazioni denunciano la mancanza di unidea «forte e nuova», che valorizzi le attività esistenti piuttosto che aggiungere nuovo cemento e nuove attività commerciali. Lalternativa? La proposta è ripartire dal progetto presentato poco tempo fa dallarchitetto Zaira Dato.
Infine, il tema forse più delicato. Sicuramente quello più difficile da affrontare. Quello delloccupazione. «La valvola di sfogo per loccupazione nel campo delledilizia rappresenta un indubitabile vantaggio ammettono ma non è accettabile che ciò possa essere barattato con la rinuncia ad una adeguata pianificazione di unarea così rilevante per il futuro della città».
[Foto di I fantasmi di San Berillo]
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