#salvalabici. È questa la nuova parola d’ordine dei ciclisti etnei. Un’emergenza da qualche mese ben più urgente delle rivendicazioni per gli appositi stalli sui mezzi pubblici e le piste ciclabili. «I furti di biciclette sono diventati troppi e troppo organizzati – spiega Attilio Pavone, del movimento Salvaiciclisti catanese – Personalmente, negli ultimi mesi, ho ricevuto almeno un racconto al giorno da parte di appassionati e amici. L’altro ieri sono stati in tre, nella stessa giornata». Di mattina e di sera, al centro come in periferia, persino all’interno dei condomini. Per questo il gruppo degli amanti delle due ruote a pedali ha deciso di chiedere alle forze dell’ordine più controlli e una seria indagine. Il primo passo, oggi pomeriggio, sarà presentarsi con le proprie bici – per chi ancora le ha – sotto la sede della prefettura durante la riunione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Non solo una questione personale, specificano i ciclisti. «Ormai abbiamo raccolto così tante denunce che è chiaro si tratti di un fenomeno dilagante», continua Pavone. E soprattutto organizzato. «Niente a che vedere con la bravata di un ragazzino di quartiere, perché non ci sono sistemi di protezione che tengano». Lucchetti impossibili da scassinare se non con gli appositi attrezzi e catene così resistenti da dover essere tagliate con delle pesanti tronchesi. E non sembra andare meglio anche a chi pensa di aver posteggiato la bici al sicuro del proprio condominio. «Anche nei cortili interni ci sono stati furti, sintomo che si tratta di una banda che ti segue e sa quando agire», racconta Pavone. Tra le vittime recenti, c’è chi piange ancora la propria Bianchi anni ’70 e chi il proprio strumento di lavoro come Andrea Genovese, titolare del servizio etneo di corriere in bici.
«Servono telecamere, appostamenti e indagini, esattamente come si fa nel caso di un furto in appartamento», continua Pavone. Una ricerca che non dovrebbe fermarsi solo a Catania. Perché il fenomeno, in aumento ovunque in Italia, sembra avere la base del suo business nella rivendita delle bici rubate in città vicine a quelle di provenienza ma non così tanto da essere riconosciute dal proprietario. Capita così che una due ruote rubata nel capoluogo etneo possa essere rivenduta a Messina o a Palermo. «C’è chi dice che vengano rivendute per ferro vecchio, ma questa della compra-vendita a distanza di sicurezza è la nostra idea principale – spiega il membro di Salvaiciclisti – Negli ambienti si sa anche che le bici di valore vengono portate all’estero, soprattutto in Romania».
Un fenomeno che non stupisce più nessuno nelle città d’Italia più ciclabili. «Penso a Milano, dove il furto di bici è all’ordine del giorno da tempo e dove i mezzi vengono cannibalizzati, con le ruote o i sellini staccati». Ma per Catania è ancora una novità, come è recente l’innalzamento del numero di ciclisti e biciclette e l’attenzione per il tema. «Questa emergenza però è diventata disincentivante – conclude Pavone – E, così, anche tutte le nostre battaglie per una città più a misura di bici diventano inutili».
[Foto di Paride De Carlo]
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