“Non possiamo di certo rimanere senza dire niente. E’ il nostro Paese, la nostra università e non possiamo permettere che vada in frantumi solo perché siamo all’estero. Anche noi abbiamo il dovere di dimostrare, di dire no e lo faremo”. Sono queste le parole che sento e che accomunano tutti gli studenti che con me hanno voluto gridarle, in un freddissimo pomeriggio di fine novembre. La tensione è forte, le preoccupazioni pure.
Qui in Ungheria, l’Italia viene osannata per la sua immensa cultura, per la lingua, per il suo stile di vita. L’italiano viene insegnato dalle scuole medie in poi fino all’Università, che offrono agli studenti corsi di laurea in lingua e cultura italiana. A Budapest, inoltre, è presente l’Istituto di Cultura Italiana, tra i più attivi in Europa che cerca, tra mille difficoltà economiche, di mostrare agli ungheresi amanti dell’Italia, un Italia migliore, un Italia che forse non c’è.
Tra la fretta collettiva, si prepara uno striscione e si spera che possa servire a qualcosa. Un giorno. Il DDL è appena stato approvato, ma lo scoraggiamento, scopro, non è dei giovani italiani.
In questi giorni il gruppo, nato su facebook, si riunirà ancora molte volte per organizzare altre manifestazioni. In programma un’occupazione simbolica dell’istituto di cultura italiana e l’organizzazione di un evento di confronto per portare alla luce le opinioni e le ragioni di chi l’Italia l’ha lasciata per trovare anche qui una vita migliore. Tra loro, naturalmente e purtroppo, molti ricercatori e dottorandi che hanno deciso di terminare i loro studi qui all’estero.
Gli studenti Erasmus cercheranno anche di portare a conoscenza le manifestazioni in tutte le università della capitale magiara che presentano un dipartimento di italianistica.
Qui da Budapest, con la prima neve per le strade e un vento gelido, ma come da tutte le altre comunità Erasmus Italiane in europa, ci chiediamo: “Dobbiamo tornare?”. Non abbiamo una risposta a questa domanda, ma sappiamo che la nostra università e la nostra Italia hanno bisogno di noi.
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