Rugby, Giovanni Licata da Favara alla nazionale La giovane promessa titolare contro il Sudafrica

Tra i guerrieri della palla ovale, i flanker terze linee ali hanno un ruolo fondamentale e delicato: devono infatti abbinare a una grande velocità doti significative nel placcaggio degli avversari, sia per tenere compatto il pacchetto di mischia che per schizzare via dalla stessa quando la palla esce dal groviglio di uomini che la compongono. Capacità di aggressione e disturbo dell’avversario, quindi, unita a una grande rapidità: quando si pensa a una grande terza linea che veste azzurro il riferimento non può che essere Sergio Parisse, ormai storico capitano della nazionale e colonna dei francesi dello Stade Français. Il suo erede potrebbe essere Giovanni Licata, un ragazzone di appena 20 anni  proveniente da Favara, cresciuto nella Miraglia Agrigento per poi giocare tra Catania e Parma, e infine esplodere quest’anno con le maglie di Fiamme Oro e Zebre. 

Per il siciliano è un momento da ricordare. Prima la notizia della convocazione con la nazionale maggiore per i tre test-match contro Fiji, Argentina e Sudafrica, poi l’esordio assoluto in maglia azzurra per di più nella sua Sicilia – avvenuto nel secondo tempo della partita vinta con le isole Fiji – adesso la notizia che il commissario tecnico Conor O’Shea lo lancerà dal primo minuto nella sfida di sabato prossimo contro i temibili Springbocks sudafricani, battuti dall’Italia lo scorso anno. Attimi che rimarranno per sempre impressi nella mente di quello che, dopo il Barone Andrea Lo Cicero, è il secondo rugbista siciliano a vestire azzurro. «Esordire con la maglia dell’Italia è stata una emozione grandissima. Ho vissuto uno stato di eccitazione, confusione e felicità – confessa Licata – e tutto è avvenuto in un attimo. A vedermi allo Stadio Massimino, fra l’altro, è venuta tutta la mia famiglia: sono istanti che non posso dimenticare».

Una carriera in fase di decollo iniziata quasi per caso. «Ho cominciato a 15 anni grazie a un amico ad Agrigento – afferma Licata -. Mi ha chiesto di andare a giocare con lui e mi ha portato all’allenamento: da lì ha avuto inizio il mio percorso». Dalla Valle dei Templi il passaggio successivo è stato quello di Catania, con la maglia del Cus Under 18 Elite: «A Catania sono cresciuto sia da un punto di vista rugbistico che umano. Mi allenavo tutti i giorni in due sessioni separate, frequentando l’Istituto alberghiero. La città l’ho vissuta da minorenne: fuori dall’allenamento andavo al cinema con i miei compagni, non facevo molto di più». Il passaggio all’Accademia nazionale di Parma ha poi rappresentato un ulteriore gradino nel processo di crescita: «Un’esperienza meravigliosa che ho vissuto con più consapevolezza, essendo fra l’altro maggiorenne». L’ultimo step è l’ingresso nel Gruppo Fiamme Oro che, quest’anno, ha acconsentito a girare in prestito la giovane promessa alle Zebre Parma, squadra che partecipa al campionato Pro 14: un torneo interconfederale che raccoglie il meglio del rugby gallese, irlandese, scozzese, sudafricano e italiano (la Benetton Treviso è la nostra seconda rappresentante, ndr).

«L’approdo alle Zebre – spiega Licata – è stato fondamentale: stiamo parlando del livello più alto in cui si possa giocare in Italia, sto imparando molto dai compagni più grandi». Per il momento le sue apparizioni nel Pro 14 sono sette, con dieci punti messi a referto. Il futuro, dunque, sembra sorridere a questo ragazzone di 193 centimetri per quasi 106 chili che, tra nazionale e club, ha tanti obiettivi per l’immediato futuro: «Contro Fiji (vittoria per 19-10) e Argentina (azzurri sconfitti 15-31) abbiamo fatto due buone partite, ben preparate. Riguardo alla seconda, diciamo che bisogna migliorare l’assetto mentale con cui abbiamo affrontato gli ultimi 20 minuti: i sudamericani hanno fatto meta per nostri errori, non ci erano superiori. Per ciò che mi riguarda voglio continuare a far parte del gruppo della nazionale, facendo più minuti possibili: poi, ovviamente, giocare il Pro 14 con le Zebre e fare un po’ di partite col Gruppo Fiamme Oro. Devo continuare a migliorarmi: ancora – conclude – non ho fatto nulla».

Giorgio Tosto

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