Rubrica/Il cucchiaio nelle orecchie. Signore, non palpeggiate i cani

La parola santa è decontestualizzare. Il contesto è temporale. Smagnetizziamolo con la stesso brivido che ci danno i nostri vecchi computer dopo avere premuto l’apposito. Caduto tutto quel popò di pulviscolo elettrico e cessato il tremore, si ricomincia, siamo appena usciti dalla doccia del tempo istantaneo, l’olivetti 22 è un energumeno che si rivolta furiosamente e inesorabilmente nella tomba di un cartone fermissimamente allacciato alla colla di nastri rosso e blu. La chiesa dei Cavalieri Bianchi una stalla abitata dai fantasmi dei Cavalieri Bianchi, la ringhiera di villa Garibaldi è bagnata dal sangue di Petrosino, poi dalla ruggine, poi dall’antiruggine, poi sottratta pezzo a pezzo da intenditori privati, poi ricostruita al grido di viva Palermo viva Santa Rosalia insieme al ficus multicentenario. Ma non ci sono date nel nostro display, solo immagini, solo date senza data. Decontualizzate. Insorgono anzi risorgono, non i turisti della Palermo senza sindaco, ma i carbonari Salvatore Meccio e Gaetano Abela. Percorrono le strade avite senza vita del Cassaro, della salita dei Giudici, battono la testa di legno sul muro della Gancia, si perdono nel traffico perché sono soltanto giocattoli a molla fuori tempo, decontestualizzati dalla festa dei morti. E non dare la corda dice mia nonna così non si rovinano la testa quei poveracci. A Palermo non piove. Ci si allaga lo stesso, ci si allaga di cosa? Di baccalà, cavolo, sulle tavolette di marmo del Capo, ci si allaga di altro. Dove volete metterlo questa squisita altrapalermo che non si lamenta che non prefica e va sciorinando colori nelle viuzze dell’albergaria o al teatro delle balate? Dove, oltre il baccalà, ti offrono qualcosa d’altro che non si vede. A Palermo ci sono i fantasmi e Palermo è una città fantasmatica. Che ci resta di Palermo, di via Quintino Sella, se non il piacere di averla decontualizzata, di averla sottratta alla solitudine dell’elenco telefonico, caro signor Floccari: come ti capisco, un amministratore di condominio è anche nel suo piccolo un capopolo. Bravo. Le guerre ai televisori a altro volume è un altro caffè corretto all’aperto, brindiamo all’altro della nostra vita che è legge solo per ognuno di noi e per nessun altro che non osi brindare con le tazzine di caffè. Difficile governare, soprattutto difficile governare noi stessi, figurarsi governare, governarsi, sgovernarsi in una città decontestualizzata come Palermo: senza più cronaca nera mi dice il decano dei fotografi palermitani Gigi, non si lavora. Dovremmo sparare per vivere? A questo punto siamo arrivati? Le mani scalpitano dentro l’ascensore si appendono al culo, alle pareti bluspedale di un palazzo che negli anni trenta fu di lusso, al cielo che non si vede. Decontustalizziamo, cerchiamo correttamente di tornare a essere giudici di pace, seduti in pace, uno di fronte all’altro in pace, dentro una cella dell’Ucciardione, guardarsi nelle pace degli occhi significa decontualizzarsi, non pensare non segnare il tempo, facciamo i giudici di pace, quelli che nascono giusti, valutiamo l’esatto compenso da richiedere per la signora cui è piovuto, il giorno 13 dicembre in via Serradifalco 123/A, un cane di razza beagle sulla testa. Signore non palpeggiate i cani anche se vi cadono in testa. Qualcuno dal settimo piano vi osserva, vi ha fotografato.

 

 

 

 

Francesco Gambaro

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