Rubrica/Colazione al veleno-Il Marocco? Un falso problema. Che giustifica il fallimento del governo

Vi sembreremo matti, ma noi insistiamo: questa storia degli accordi tra l’Unione Europea e Marocco è un falso problema. Per un motivo semplice: perché, in un modo o nell’altro, l’ortofrutta, la frutta e anche l’olio di oliva prodotti nel Nord Africa a costi più bassi invade la Sicilia da quasi un decennio. Non siamo noi a dirlo: è la realtà.
La frutta estiva, tranne qualche prodotto, arriva quasi tutta dal Nord Africa. E si vede, perché, nella stragrande maggioranza dei casi, non ha alcun sapore. L’esempio è rappresentato dalle angurie. Un tempo, quando mangiavamo quelle siciliane, gustavamo un frutto dolcissimo. Ma erano, appunto, angurie siciliane. Coltivate lungo le cosiddette ‘Sciare’ di Mazara del Vallo. Oggi per trovare un’anguria di Mazara del Vallo bisogna fare i salti mortali.
Perché? Troppo semplice: perché un produttore di angurie siciliano non può competere con le angurie che arrivano dal Nord Africa. Che, con tutto il costo del trasporto per arrivare in Sicilia, costano molto meno delle angurie siciliane.
Un altro esempio è rappresentato dalla frutticoltura di Ribera. Questo paese dell’Agrigentino è conosciuto per le arance Washington Navel, conosciute anche come “Brasiliane” (peraltro in crisi perché massacrate dalle solite arance spagnole e nord africane). A Ribera, tra gli anni ‘80 e gli anni 90, sono stati impiantati ottimi frutteti. Per lo più frutta estiva. Prodotti di grande qualità, perché gli agricoltori sono bravi. Ma anche questi prodotti, da setto otto anni a questa parte, non si vendono più. Motivo: costano troppo rispetto alla frutta estiva che arriva dal Nord Africa (arrivava dal Nord Africa già sette otto anni fa, senza bisogno degli accordi tra Unione Europea e Marocco).
Invece di perdersi in chiacchiere e di sollecitare improbabili protezionismi, peraltro anacronistici, il governo della Regione dovrebbe valorizzare le produzioni siciliane. Spiegando ai cittadini che i prodotti agricoli dell’Isola sono più buoni. E più salubri. Perché quelli che arrivano dal Nord Africa, spesso, sono coltivati con pesticidi che l’Italia ha bandito dalla propria farmacopea agricola alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso!
La Regione dovrebbe introdurre la ‘tracciabilità’ dei prodotti. Indicando ai consumatori siciliani di acquistare frutta e ortofrutta coltivata dell’Isola. Spiegando loro che le angurie siciliane, la frutta estiva siciliana e, in generale, tutte le produzioni siciliane, oltre che più buone, sono più salubri. Mentre quelle provenienti dal Nord Africa, spesso, contengono residui di pesticidi che fanno male al nostro organismo.
Non stiamo dicendo nulla di nuovo. E’ quello che si sta facendo in tutti i Paesi civili del mondo dove l’agricoltura è una risorsa e non l’occasione per i governanti di turno di lucrare sui fondi destinati all’agricoltura. E’ questa l’agricoltura a”chilometro zero”.
Su questa strada si era indirizzato l’ex assessore regionale all’Agricoltura, Giovanni La Via. Che, non a caso, è un docente universitario di economia agraria. A noi che La Via ia di centrodestra e che l’attuale assessore sia di centrosinitra non ce ne può fregare di meno. A noi interessano i fatti, non le etichette politiche.
E dobbiamo dire – senza peli sulla lingua – che l’attuale assessore regionale all’Agricoltura, o Risorse agricole, Elio D’Antrassi, non ci piace proprio. In questo personaggio c’è troppo prosopopea. E troppe operazioni che non fanno gli interessi reali dell’agricoltura e degli agricoltori siciliani.
Non ci sembra che l’attuale governo regionale stia lavorando per la ‘tracciabilità’ dei prodotti siciliani. Ci sembra, invece -e qui ha ragione l’onorevole Giulia Adamo, capogruppo dell’Udc all’Ars – che questo governo stia lavorando per fare in modo che le risorse del Psr (Piano di sviluppo rurale) finiscano nelle tasche dei soliti amici che, in molti casi, nulla hanno a che vedere con l’agricoltura. E stiamo parlando di una cifra colossale: oltre 2 miliardi di euro!
E’ bene che i siciliani sappiano – ed è bene che lo sappiano pure i ‘Forconi’ – che il Marocco è la scusa di questo governo per giustificare una crisi dell’agricoltura provocata proprio dall’insipienza e dalle scelte sbagliate di questo governo. Lo ribadiamo a costo di apparire impopolari: l’accordo tra Unione Europea e Marocco sui prodotti agricoli non sposta nulla per la Sicilia. Sono prodotti che arrivano già nella nostra Isola da sette otto anni. Il presidente Lombardo e l’assessore D’Antrassi stanno utilizzando la questione Marocco per giustificare le ‘operazioni’ che stanno ‘chiudendo’ con il Piano di sviluppo rurale. ‘Operazioni’ che non porteranno risorse e ‘ossigeno’ agli agricoltori siciliani in crisi, ma soldi agli amici di questo governo.
C’è di più: il pessimismo nei riguardi del governo regionale – e in generale, verso la politica siciliana – è ormai tale che, oggi, chi ha soldi e vuole investire in agricoltura non lo fa in Sicilia. Parliamo, ovviamente, di persone per bene e non si quelli che, non essendo agricoltori, si preparano a farsi i ‘bagni’ con i fondi del Psr. Ci sono in Sicilia agricoltori che stanno cominciando a investire nel Nord Africa. Portando sulla sponda Nord del Mediterraneo quelle tecnologie – per esempio l’uso corretto di sementi e pesticidi e, in generale, tecniche agronomiche d’avanguardia – che qui in Sicilia non servono più. Ci sono agricoltori siciliani che stanno investendo in Tunisia e in Egitto. Ma questo il governo regionale non lo sa. Non è da escludere che, tra qualche anno, cominceremo a mangiare di nuovo angurie dolci. Non perché sarà ripresa la coltivazione di angurie lungo le ‘Sciare’ di Mazara del Vallo, ma perché arriveranno angurie buone dall’Egitto. Magari prodotte da quegli agricoltori siciliani lungimiranti che hanno lasciato la Sicilia per andare a fare gli agricoltori altrove…

 

 

Giulio Ambrosetti

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