Rosso su bianco

Aprì gli occhi, il viso segnato da un espressione contrariata si mosse da solo in direzione del raggio di sole che bussava dentro la stanza.
La tenda non copriva perfettamente la grande finestra. Eppure ricordava bene di aver preso tutte le precauzioni la sera prima, quando era andato a dormire alle prime luci del mattino come al solito. Non aveva alcuna voglia di essere svegliato prima di pranzo.  
Si girò immediatamente dall’altro lato, convinto com’era di poter dimenticare l’imprevisto. Niente da fare, si rigirò nuovamente e fissò la finestra.
Quello che sembrava essere l’inizio di una giornata storta divenne un pretesto. Decise di sfidare l’arroganza di quel fascio di luce che continuava a stare lì senza invito, chiamò a raccolta le poche energie sparse chissà dove lungo il corpo, si concentrò e decise di fare colazione con la fantasia. La sua fervida immaginazione fece il resto, perfettamente capace di sognare l’invisibile con assoluta dovizia di particolari.
Ecco comparire la neve sporca sulle ruote di una vecchia automobile, una rivista dimenticata sul sedile posteriore chissà da quanto tempo, una scritta a mano sul lunotto aggredito dalla condensa mattutina.
Alzando lo sguardo vide il vento arbitrare un folle inseguimento tra nuvole sulle corsie di un cielo mai così azzurro. Le canne fumarie provavano con sforzo massimo a macchiarne lo splendore gettando in aria a tutta forza segnali fumanti.
Lungo la notte le immense fronde degli alberi secolari ai bordi della strada concessero il passaggio a grossi fiocchi di neve che in poche ore imbiancarono completamente il manto stradale.
La copiosa nevicata aumentava lo spessore delle grondaie delle case bianche a schiera. Sembravano protese in adorazione verso il piccolo giardinetto recintato al centro della piazza, dove improvvisamente scompariva un sentiero di orme che annunciava il passaggio di un piccolo cane dall’andamento allegro e ballonzolante.
Non fu molto il tempo che si concesse per capire cosa avesse immaginato, o addirittura sognato.
Decise di alzarsi e andare a vedere di persona. Con qualche sforzo riuscì ad aprire completamente la finestra, una gelida folata di vento lo consegnò prepotentemente alla vita reale. La scena che si materializzò sotto i suoi occhi era identica a quella immaginata un attimo prima nel caldo tepore del suo letto.

Scorse in rapida successione i tetti delle case, la vecchia automobile, le orme sulla neve e tutto il resto. Ma aveva tralasciato un dettaglio, un piccolo particolare forse dato per scontato dalla sua fantasia. Ne avvertiva la mancanza. Interminabili secondi passarono alla ricerca del tassello mancante, dell’indizio nascosto. Lo sguardo cadde su un portone, e poi via di corsa su tutti gli altri… Si sentì aggredire da una felicità enorme.
Provò l’emozione che più adorava, essere sorpresi da qualcosa di familiare, da un’esperienza nuova solo in apparenza ma in realtà già elaborata e vissuta. Come se davvero fosse la prima volta. Fu così che si accorse all’improvviso della prepotente presenza del rosso, unico colore in grado di contrastare il biancore della neve e delle case vittoriane di Hammersmith square.
Joe si ricordò che era natale.
 
Racconti di Natale.
Era semplicemente questo il titolo che campeggiava sulla copertina di una di quelle edizioni economiche che alla mente di molti creano associazioni mentali opposte al concetto di “successo editoriale”. Non vi erano immagini né  note. L’autore era anonimo, come del resto la libreria nella quale si trovava.
Decise di comprarlo convinto dal breve racconto appena letto, primo di una lista di altri quattordici. Il proprietario della libreria fu felice di averne venduto la prima copia. Voleva considerare questa come la prima di una lunga serie fortunata per un titolo sul quale solo lui aveva creduto, unico libraio di Londra a dare spazio a un giovane scrittore che aveva insistito per lasciare un centinaio di copie senza voler nulla in cambio, se non una piccola percentuale solo nel caso in cui tutte fossero state vendute.
Pagò alla cassa e uscì di corsa rifiutando la confezione regalo, scontentando la nuova commessa assunta, tra le perplessità del proprietario, solo per questa mansione. Si fece spazio tra l’immensa folla di gente che entrava e usciva dai grandi magazzini alla ricerca dell’ultimo regalo. Aveva solo una cosa in mente, correre in ospedale da sua moglie per darle il suo regalo di natale. Era in coma ormai da 3 mesi, per la prima volta si era deciso ad ascoltare i medici.
Arrivò nella stanza, si sedette ai piedi del letto dopo averla baciata, e cominciò a leggere.

Marco Pirrello

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