Sul treno da Roma Fiumicino a Roma Termini: era lì Gianni Piazza, docente di Scienza politica e ricercatore alla Facoltà di Scienze Politiche di Catania, quando Step1 l’ha contattato telefonicamente per farsi raccontare la sua avventura nella capitale.
Dal 22 novembre il professore catanese è a Roma, sul tetto della facoltà di Architettura di piazza Borghese, a pochi passi da Montecitorio, diventato il centro della protesta contro il ddl Gelmini, che domani affronterà l’ultima votazione alla Camera. La movimentazione nazionale è partita da quella terrazza, dall’idea della Rete 29 Aprile di occupare i tetti delle università italiane: prima la capitale, poi il resto d’Italia, in una mobilitazione di ricercatori, precari e studenti in prima pagina su tutti i quotidiani nazionali.
«Il presidio è in funzione ventiquattr’ore su ventiquattro», racconta Piazza che, dopo essere tornato a Catania nel fine settimana, è tornato lunedì pomeriggio ad essere parte attiva della manifestazione romana: «I riflettori dell’intero Paese sono puntati sulle nostre iniziative di lotta contro la legge Gelmini: per la prima volta, la stampa nazionale ci cerca in continuazione», afferma, mentre l’avviso di chiamata interrompe la nostra conversazione.
«La sovraesposizione mediatica è una cosa che non ci aspettavamo – prosegue – e perfino io sono stato intervistato più e più volte, dovendomi confrontare coi ritmi dell’informazione nazionale, per me completamente sconosciuti».
“Vieni via con me”, il programma di approfondimento culturale di Rai Tre condotto da Fabio Fazio e Roberto Saviano, dedicherà parte della sua ultima puntata, tra poco meno di un’ora, all’elenco di Francesca Coin, ricercatrice di Sociologia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, anche lei tra le anime della protesta alla facoltà di Architettura di Roma. E sempre stasera pure Gad Lerner affronta il tema a “L’Infedele”, su La7, intervistando una rappresentanza dei ricercatori della Rete 29 Aprile.
«Oltre alla tv, pure la politica sta facendo la sua parte», aggiunge Piazza. «Sul nostro tetto sono venuti tutti: Di Pietro, Bersani, Vendola, una rappresentanza di Futuro e Libertà. Quest’ultimo, poi, è stato un momento abbastanza teso: i finiani sono l’ago della bilancia per l’approvazione del ddl Gelmini, abbiamo tentato di convincerli a non votarlo ma temiamo di non esserci riusciti, anche perché le ultime dichiarazioni di Fini parlano di un sostegno alla riforma».
Nonostante queste sconfortanti affermazioni, ricercatori, precari e studenti rimangono barricati sul loro tetto: «Le condizioni meteorologiche sono disagiate. È vero, non siamo su una gru, ma pure qui fa freddo e non si sta comodi, però continuiamo, perché umanamente è una grandissima esperienza di solidarietà e di dignità personale e professionale».
E se la riforma dovesse passare? «Continueremo, i presìdi resteranno. Non abbiamo intenzione di ritirare l’indisponibilità alla didattica, né di fermarci nelle nostre mobilitazioni. Se domani il ddl passasse alla Camera non sarebbe ancora legge, perché mancherebbe comunque il passaggio al Senato».
L’obiettivo è quello lanciato dallo slogan scelto sulle terrazze di tutti gli atenei italiani: “Riportiamo in alto l’università”. E a Catania? La mobilitazione è arrivata, ma tardiva. L’unico commento di Piazza: «Meglio tardi che mai».
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