Disastro ambientale. La Procura di Palermo, come rivela stamattina il quotidiano la Repuubblica, aggiunge un nuovo fascicolo all’inchiesta sul terribile incendio divampato nella discarica di Bellolampo. E la cosa non sorprende.
Il rogo dei rifiuti, come sappiamo, ha sprigionato nubi tossiche che hanno ammorbato la città per nove giorni e compromesso, ancora di più, lo stato della vasca che dovrebbe contenere il percolato che, invece, finisce dritto nel mare dell’Acquasanta (di questo problema vi abbiamo raccontato in questo articolo). Più disastro ambientale di così, non si può.
Un disastro a cui si è aggiunto anche il giallo delle diossine. I magistrati stanno cercando di capire perché i dati sull’inquinamento dell’aria e de suolo sono arrivati in ritardo e perché sono incompleti.
Non a caso ieri, circa duecento cittadini hanno partecipato a un sit-in davanti allospedale Villa delle Ginestre, per chiedere alle istituzioni di mantenere alta lattenzione “sui rischi per la salute provocati dallemissione di polveri sottili e sostanze tossiche”.
Insomma, i palermitani, come i pm, non credono molto alle rassicurazioni che sono arrivate in questi giorni. Ed hanno ragione. Lo dimostra, ad esempio, il fax che l’Arpa ha inviato al Comune qualche giorno fa (qui è possibile leggerlo). A prima vista sembrerebbe rassicurante. E questo è il messaggio che, bene o male, è passato sui media. Poi, però, scorrendo il testo, fatto di formule e tecnicismi, si scorgono ‘dettagli’ non proprio tranquillizzanti.
E’ vero, c’è scritto che, dalle analisi fatte, la quantità di diossine nell’aria sono inferiori al limite oltre il quale c’è il rischio sanitario. Ma l’Arpa, a pag 3 del documento, specifica che “il campione analizzato non era idoneo per la quantificazione delle diossine, in quanto i valori campionati risultano molto bassi e insufficenti a raggiungere un limite di quantificazione per il confronto con il valore guida”.
Concetto che ritorna a pag 4 dove addirittura si premette che i campioni d’aria non sono ottimali per il rilevamento di diossine in quanto erano stati stati prelevati per altri fini.
In buona sostanza, non sappiamo, e forse non sapremo mai, quante diossine abbiamo respirato e quante siano finite nel suolo. Di chi è la responsabilità? Dell’Arpa? Dell’Asp? Della insufficienza di mezzi (e di risorse) a disposizione dei tecnici e dei biologi? Anche queste domande non hanno risposta.
Certo è che, a pagare il conto del disegno criminale che ha scatenato l’inferno di Bellolampo e della inefficienza dei sistemi di monitoraggio, sono i palermitani. Questa volta si è ‘giocato’ sporco sulla loro pelle.
Bellolampo, lincendio, la diossina e il percolato che finisce in mare
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