Roberto Zappalà, la danza come «poesia del corpo» Parte Catania si muove, proiezioni dentro alla metro

Roberto Zappalà aveva un sogno: una Catania in cui la parola «danza» venisse pronunciata senza storcere la bocca. Adesso quel sogno si è realizzato. O meglio, ha cominciato a realizzarsi, s’è messo in moto. O meglio, se n’è realizzato il punto di inizio: creare uno spazio, nel cuore della città, in cui mettere a contatto i cittadini con quella che Zappalà definisce «poesia del corpo».

«Le persone dicono di non interessarsi alla danza perché non la comprendono» dice il coreografo fondatore della Compagnia Zappalà Danza, intervistato dai microfoni e dalla penna della neonata rubrica l’Elzeviro di Radio Zammù. «Io non pretendo che lo facciano. La danza va fruita, prima di essere capita. Per questo è importante che esista uno spazio per poterla fruire», aggiunge. Questo spazio è Scenario Pubblico. Spazio istituzionale – riconosciuto dal ministero dei Beni culturali come uno dei primi tre Centri nazionali di produzione della danza – ma anche spazio informale, dove chiunque può entrare a prendere un caffè o un aperitivo. Spazio aperto, punto di incontro e scambio, soprattutto per i giovani danzatori provenienti da ogni parte del mondo, che per quattro mesi risiedono a Catania per perfezionare la propria formazione con Roberto Zappalà e apprendere lo stile sperimentale del coreografo: MoDem, cioè Movimento Democratico. «Il nome non vuole strizzare l’occhio alla politica» assicura Zappalà, «però come la democrazia in politica, MoDem è imperfetto nella sua costruzione, perché alla fine decido io». Un unico linguaggio e un unico stile, che però si sviluppa nel dialogo con i danzatori, nella flessione che ciascuno di loro offre nel dar corpo a MoDem.

Roberto Zappalà parla di
MoDem come di un vero e proprio stile di scrittura, di cui il gesto è l’elemento minimo grammaticale. «Non compongo mai una coreografia secondo una regola fissa. Solitamente parto da un concetto, una suggestione, su cui scrivo un canovaccio – illustra – Poi scelgo una musica che sia utile a esprimere il concetto da cui sono partito. È il procedimento opposto rispetto a danze più commerciali e ballabili come l’hip hop, che però hanno il merito di aver portato la danza tra i giovani, sulle strade».

Insomma, una
danza meditata, MoDem, intellettuale, tanto da essere definita «umanistica e filosofica», e da essere stata elaborata teoreticamente da Zappalà in un saggio dal titolo Omnia corpora. Intellettuale sì, ma non troppo: uno spettacolo deve prima di tutto piacere, alettare i sensi, suggestionare, riuscire nella comunicazione immediata di sensazioni. D’altronde sta proprio qui il punto di forza della danza, nel non servirsi delle parole, ma del corpo: «Dovunque io porti uno spettacolo» dice Zappalà, «a Rovereto o a Tel Aviv, in Tunisia o a Xi’an in Cina, il linguaggio del corpo resta universale, e può essere trasmesso a tutti. Anche se non tutti lo comprendono allo stesso modo».

Al momento, però,
obiettivo primario di Zappalà è Catania. La compagnia Scenario Pubblico intende portare la stagione 2017/18, U(ma)nità, direttamente ai cittadini: far conoscere il proprio stile proponendo una sorta di raccolta antologica delle composizioni di Zappalà riproposte come classici, classici viventi, come l’opera 24 Preludi intessuta sulle musiche di Chopin. Ma performance inaugurale della stagione è Catania si muove, un ciclo di proiezioni video che, da ieri e fino al 28 ottobre, viene ospitato dalle fermate della metropolitana, con lo scopo di incentivare l’uso del nuovo tessuto connettivo della città.

Tutto si muove, ma soprattutto si muove la danza contemporanea, alla
conquista degli spazi pubblici che finora le erano stati negati. Da Catania alla Cina, il sogno di Roberto Zappalà si è realizzato. O meglio, ha cominciato a realizzarsi, s’è messo in moto: a Catania nessuna bocca si storce.

Andrea Tisano

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