IPOTESI DI RICERCA NEL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO E AUDIOVISIVO
Oggi è il giorno della sperimentazione, la contaminazione visiva dei linguaggi cinematografici attraversa le nuove frontiere del digitale, “nuovi spazi” del suono si incontrano in nuovi percorsi espressivi.
Percussioni esterne che dal basso cambiano il cinema, lo rinnovano, rischiando di confondere un universo già saturo di eccessi, di digressioni pericolose.
L’industria del cinema apre alle “nuove realtà”?
La risposta arriva dal titolo che anticipa la lezione odierna al tao/festival: Ipotesi di ricerca nel linguaggio cinematografico e audiovisivo, si apre la trattativa, siedono al tavolo di “ricerca” Roberto Perpignani- John Jost- Larry Syder- Sabine Himmelsbach(direttrice del centro ZKM- Germania)
Nomi ai più sconosciuti, nomi che lavorano dietro le quinte, visi di contorno, rarefatti, ma efficaci.
Perpignani a vent’anni, caso del destino,incrocia Orson Welles, si “proietta” in quel mondo pratico/surreale colorato da immagini da rivedere, tagliare e ricucire, del montaggio.
“Cambiai prospettiva, proprio io che amavo la pittura, ri-nascevo come montatore”.
Da un debutto unico, collabora poi con Bertolucci: Ultimo Tango a Parigi/Patner, con Bellocchio realizza altrettanti successi: La Cina è vicina/Sotto il segno dello Scorpione, inizia la collaborazione con i fratelli Taviani:Il sole anche di notte e numerosi film.
Alle spalle trent’anni di professione, venti di insegnamento presso la Scuola Nazionale di Cinema, un’esperienza staordinaria.
Nasce il progetto”Campus Internazionale” presso Gallodoro-Taormina, da lui l’idea di coinvolgere figure portanti del nuovo cinema sperimentale, moderare la lezione odierna, dirigerla su più piani.
In sala il film-maker, non ama definirsi un regista, John Jost, propone i suoi ultimi lavori in digitale, tecnica utilizzata solo recentemente nel 96, indipendente da produttori “ossessivi” ne ha limitato anche il budget, ricavandone ottimi “prodotti”.
“Il digitale come potenziale in esplosione” lo definisce così, mentre concretizza sullo schermo una tecnica nuova, amplia gli spazi visivi, i tempi, cambiano i modi di ri-definire il digitale.
Una sorpresa di colori in movimenti asettici della macchina da presa, ed è come rivedere la Tokio psichedelica di “Lost in Translation” di Sofia Coppola. Vince, in questa forma, il digitale.
Ci si allontana dalla lezione classica, consueta delle altre mattine, proiezione e poi dibattito, la mattinata si anima di passi e contrappassi, filmati e tempi “parlati”, impreziosita dal contributo di Larry Syder direttore della School of Sound di Londra, ottimista e realista non rimpiange il cinema classico, quanto afferma che”bisognerebbe porlo su di un piano nuovo, base di ricerca e punto di partenza per le nuove sperimentazioni sonore e sceniche”.
Il dibattito si apre a mille digressioni, non si perde l’intento primario della lezione in multissesione: l’interesse per nuove ipotesi.
Quanto ad una soluzione unica, invece si apre uno scenario reale di possibilità nuove, creative, adattabili ad ogni tessuto, rendendo il “cambiamento visivo e sonoro sul cinema” un fenomeno certo su cui iniziare una ricerca. Taormina docet.
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