Ritorno al passato, “La Vucciria “. Parte seconda

VIAGGIO DI ALDO DI VITA NELLA PALERMO CHE SCOMPARE MA VIVE NEI RICORDI

di Aldo Di Vita

 
La bottega dell’erbuario

Boutique è un vocabolo della lingua francese e vuol dire soltanto “bottega”, o tutt’al più, nel linguaggio
marinaresco,”doppio fondo di barca da pesca”, pur ammettendo che, come
neologismo, possa anche significare ”negozio elegante di abbigliamento
femminile”.
Ma dal momento che l’italico idioma si é impadronito con prepotenza di questa parola,ne ha fatto
costantemente uso e abuso. Nella boutique, infatti,secondo il comune modo di intendere,vengono venduti oggi oggetti di ogni genere, a precisa condizione
però che siano raffinati o, meglio sofisticati. Vi si potranno comprare prodotti alimentari, pezzi sanitari
come rubinetteria placcato in oro, oggetti del tutto inutili ma definiti
“divertenti” nel gergo della nostra gioventù “bene” e, se volete anche erbe
medicinali o lozioni e creme da esse derivate. Le erbe sono tornate di moda, se
ne fa sempre più largo uso, anche se non sono prescrivibili secondo i ricettari
delle mutue.
Dopo la ricerca dei cibi “genuini”, gli uomini vogliono oggi ritrovare le medicine del buon tempo
antico, quando ogni male si curava con tisane, infusi, decotti, impiastri, ecc., ricavati dalle erbe dei campi. “tante erbe, tanti mali” dice un antico
proverbio, cioè ogni erba ha le sue specialità per curare le diverse malattie che affliggono il genere umano. Ed
anche noi abbiamo voluto riscoprire le piante medicinali, non recandoci nella
boutique dal nome esotico, ma ritornando nella bottega di un vecchio erbuario palermitano.
“U zu Natale la gestisce al numero civico 7 della via
Garraffello, nel quartiere della Vucciria. Antichissime la strada e la
bottega che ‘u zu Natale asserisce essere stata in quel posto da sempre.
Una famiglia di erboristi che si sono tramandati da padre in figlio misteriose ricette per la cura di ogni
male. All’ingresso della piccola bottega, assieme all’insegna ricavata su una
targa metallica, pendono due fasce di erbe: la Centuruppa (Polygonum
aviculare L.) e l’Erva bianca (Artemisia
vulgaris). All’interno, oltre il bancone in marmo, è un mobile con molti cassetti nei quali vengono riposte
le piante medicinali disseccate. ‘U zu Natale è intento a confezionare delle
“cartine” per la cura della calcolosi renale: una delle sue specialità. Ci accoglie cordialmente, beviamo un
bicchierone di acqua di malva e gramigna, rinfrescante e diuretica, e poi, nel
corso di una interessantissima conversazione, si lascia andare a rilevarci la
composizione del suo cocktail di erbe:
Centuruppa, Coda di cavallo, Uva ursina, Gramigna, Ruggia, ma conserva il
segreto professionale nel non dirci le dosi. Un decotto di queste erbe scioglie
i calcoli renali ed anche quelli epatici, ma, in questo ultimo caso, la cura va
preceduta da altra amarissima tisana.
E ‘u zu Natale ha proprio ragione,perché queste erbe, come abbiamo potuto riscontrare in una
pubblicazione specializzata, sono tutte diuretiche e litontritiche, cioè atte a sciogliere i
calcoli. La radice della Ruggia (Rubia tinctorum) è quella che, a dire del
nostro erbuario, fa proprio dei miracoli. Ma non é questa la sola specialità
dello “antico erbuario” del Garraffello. C’è un rimedio portentoso per
cacciare via il verme solitario, un unguento speciale per la cura delle
fastidiose emorroidi (è bene però – dice ‘u zu natale – far precedere
l’applicazione con una cura disintossicante e rinfrescante a base di decotti), ma ci sono anche delle polveri “magiche”. Non
che ‘u zu Natale creda a queste fandonie,ma gliele commissionano “magare” e
“fattucchiere” che ancora animano i vecchi rioni della città: ci mostra la Polvere di attiramento (
basta un pizzico nella minestra per avvincere l’amato bene), la Polvere d’amore, i semi di
Pace e concordia, per riportare l’armonia in famiglia ed altre miscele per gli
usi più impensati.

 

Chiediamo da dove provengono
le erbe. Prima , ci risponde, le raccoglievano i contadini nei campi e li
rivendevano agli erboristi. Oggi sono pochi coloro che ancora le sanno riconoscere
e quindi dalle campagne del Palermitano provengono soltanto le più comuni: la Malva, i Fiori di
ficodindia, i Centuruppa, la Coda
di cavallo e poche altre. E poi ogni erba ha un suo tempo balsamico per la
raccolta e ci vogliono modalità appropriate per l’essiccamento. Quelle raccolte
nei dintorni di Palermo ‘u zu natale le fa essiccare in un apposito magazzino
asciutto e ben ventilato.
Far l’erborista, comunque non
é così facile. Bisogna saper riconoscere le erbe, saper di ognuna di esse non
solo le virtù medicinali, ma anche la
giusta dose e l’esatto tempo di bollitura per la preparazione dei decotti. Ad
esempio, se si fa bollire la malva per un tempo eccessivo si ottiene soltanto
una poltiglia mucillaginosa buona forse per fare impacchi, ma non si ricava certamente un buon decotto
rinfrescante. Nel corso dell conversazione, osserviamo un continuo alternarsi
di clienti “affezionati” che chiedono o una pozione diuretica o un’erba già
sperimentata che ha dato buoni risultati. ‘U zu Natale è un arzillo vecchietto,
nonostante i suoi molti mali. Recentemente ha subìto un grave intervento
operatorio in un ospedale di Verona ed é stato costretto a chiudere per ben tre
mesi la sua botteguccia al Garraffello. Ci riferisce che la concorrenza, ad
arte, aveva diffuso la notizia della sua “dolorosa dipartita”. Invece
fortunatamente, le cose sono andate bene e ‘u zu Natale è nuovamente tra le sue
erbe a preparar decotti e confezionare “cartine”. Di ciò è fiero e, ammiccando,
non può, da buon erborista, che commentare che “la mal’ erva ‘un sicca mai”.
Rosari La Duca giornale di Sicilia 12 novembre 1975.

Queste ormai sono solo
vecchie storie di un tempo passato, oggi non ci sono più questi meravigliosi
maestri in grado di esercitare tale arte, e quindi gli erboristi attuali si
limitano secondo le leggi vigenti, a vendere esclusivamente prodotti
preconfezionati, da aziende specializzate. Per esercitare tale attività oggi
occorre una laurea specifica a tal riguardo, e la conoscenza medica e
terapeutica dei prodotti. A volte nel
nostro tempo tutto si complica, mentre quelle meravigliose figure di un tempo
con il loro sapere, riuscivano con semplicità e immediatezza a dare sollievo
agli ammalati.
Ritornando nel nostro viaggio
della memoria e dei ricordi faccio ancora una piccola sosta sulla via Garraffello e ho l’occasione fortunosa di
parlare con l’ultimo artigiano della Vucciria delle vie dei mestieri, il signor
Vincenzo Marchese, che tiene una bottega e svolge l’attività di centro di
affilatura, il suo volto é provato dagli anni che hanno scavato il suo volto,
il suo scoramento è dovuto ad una crisi economica ormai cronicizzata e dove pur
guardando avanti non riesce a ritrovare la fiducia di un tempo. Io mi avvicino
e dopo le presentazioni faccio alcune domande parlando degli antichi artigiani
di una volta, i suoi occhi si illuminano come d’incanto rievocando il passato e
i tempi migliori, e la gioia del suo cuore prende il posto dello scoramento. Il
suo racconto rivive le generazioni passate che prima di lui lo hanno preceduto.

 
Al tempo in cui ormai lontano i suoi avi cominciarono a molare ogni cosa che
andava affilata, con un grossa pietra particolarmente adatta all’affilatura di
coltelli e quant’altro, e di forma circolare, che girava attraverso una catena
con dei pedali azionati con i piedi e tutti i mercanti della Vucciria venivano
per affilare i loro attrezzi da taglio. Il maestro mi spiega che anticamente in
siciliano tale mestiere veniva pronunciato, ‘a mulaturi” o “ammula cutieddi”
(colui che mola coltelli e attrezzi da taglio) . L’attività di oggi é molto più tecnica per l’uso specifico di
macchinari e torni, adatti a più svariate fasi lavorative non solo indirizzate
a i coltelli, ma ad un ampio tipo di attrezzi da taglio ad esempio seghe
circolari.

 


Questa meravigliosa persona, che considero straordinaria per aver resistito fino ad oggi pur vivendo una realtà di solitudine, dato che nella strada
non vi é rimasta più nessuna bottega, lui ha trovato lo stupendo coraggio di
non arrendersi e continuare il suo vecchio lavoro ereditato dal padre. Mi
congedo da lui e mi accorgo che il magone e la tristezza ritornano nel suo
volto fiero e mi confida un suo pensiero
che lo tormenta “dopo di me nessuno”, si chiude un era e la storia dei vecchi
mestieri”, per qualche istante rimango bloccato dall’emozione, gli stringo la
mano e con dispiacere lo saluto dicendogli di non mollare.
E come ogni viaggio che ha un inizio e un arrivo raggiungo il
presente, “la nuda e cruda realtà odierna. Che cosa rimane oggi del fasto del
nostro tempo? solo distruzione e desolazione. Questa é l’unica città del nostro
paese dove ancora esistono i danni della seconda guerra mondiale, con edifici
squarciati dalle bombe e puntellati, in attesa di un imprecisato intervento di
lavori di restauro che non cominceranno mai.
A questo scempio si
aggiungono altre storie infinite di vecchi edifici, mai restaurati che si
trovano nel totale degrado. Spesso questi palazzi e ville come la Vucciria, sono meraviglie architettoniche.
Negli anni tra il 1960 e inizio 1970 la città, visse il periodo più nero della sua storia il cosiddetto “Sacco di Palermo”, che in circa una decina di anni, sotto il dominio della mafia e delle istituzioni colluse e mafiose, vide sparire i suoi migliori gioielli , tra
piazze, ville, palazzi, fontane, monumenti e quant’altro di grandissimo valore
sotto gli occhi indifferenti della gente e la malvagità degli esecutori.
Che cosa rimane oggi della
Vucciria? Poco o quasi nulla e girando tra i suoi pochi commercianti si nota lo
scoramento e la rabbia. Nella piazza Caracciolo sono rimasti in pochi, un paio
di pescherie e di fruttivendoli, al centro della piazza la vecchia fontana che
un giorno serviva per annaffiare il pesce, le verdure e dare da bere alla gente
che scendeva in piazza per fare compre, oggi la fontana é piena di rifiuti
tutt’intorno, e sembra più una discarica che un luogo per bere un sorso d’acqua
e rinfrescarsi.
Allo stato odierno c’è una discreta presenza di bancarelle gestita
da nord africani, asiatici e rumeni con mercanzie dei loro paesi o dell’ex
unione sovietica. La via Pannieri ha inizio dal corso Vittorio Emanuele e arriva in piazza Carracciolo: la gran parte dei suoi dei palazzi sono in una
fase di restauro perenne con lavori iniziati e mai finiti.
Una volta questa via era molto animata e piena di botteghe, oggi sono rimasti solo un paio di botteghe e
una piccola trattoria che durante il giorno riesce a sbarcare il lunario con
pochi clienti e la sera si adegua alla movida per la presenza di giovani. Il
resto é solo desolazione, le botteghe di una volta sono chiuse e il degrado fa
da padrone.
Una delle caratteristiche della piazza Caracciolo é la famosa trattoria “Shangai” in stile orientale.
Essa si affaccia sulla piazza con una magnifica terrazza, che consente ai clienti
di ammirare tutto il piano della piazza; un tempo la visione era molto più
colorita grazie alla presenza massiccia di venditori che coprivano le “balate”
(tavoli con lastre di marmo dove veniva poggiato il pesce), e le bancarelle con
tendaggi coloratissimi, inoltre era piacevole ascoltare quella specie di
concerto naturale che i venditori eseguivano con il rito “Dell’’abbanniata”cioè
il grido per invogliare la gente a comprare i propri prodotti esaltando la
qualità e i prezzi. Inoltre i clienti della trattoria, oltre alla letizia di
gustare i buoni piatti prevalentemente a base di pesce e con prezzi modici, il si
inebriava anche dei profumi e degli odori delle merci esposte al mercato. Il
nome di questo locale, a detta del suo titolare, ha origine dall’aspetto
folcloristico del mercato, che appunto con i suoi meravigliosi colori, in tempi
passati richiamava un ambiente tipico
orientale simile alla città di Shangai, allora lui la volle chiamare trattoria
“Shangai”. Per molti anni questo locale non subì cambiamenti e rimase con la
caratteristica tipicamente esotica. Il locale in seguito fu rimodernato e perse la sua originale caratteristica.
Il nuovo arredo adatto ai tempi lasciò molto a desiderare e quindi perse il suo antico splendore. Come tutte le cose di questa città tutto passa e si dimentica, il locale oggi é
chiuso e ridotto proprio male, uno dei motivi che fa molta rabbia é il fatto
che si é persa un attrattiva turistica di notevole riguardo e quella magnifica
cornice panoramica che si ammirava dalla terrazza era come l’attimo fuggente, in un misto di voci, suoni, colori, ora solo un ricordo lontano di un tempo che non c’è più.
Altre trattorie anche esse molto conosciute dai palermitani nella
Vucciria, sono “La Casa del Brodo”conosciuta
come “ ‘U Dutturru broru”.
Le persone anziane che abitavano nel centro storico di Palermo raccontano che, quando
Palermo fu investita da una grave epidemia negli inizi del novecento, le
persone andavano a bere una bevanda
calda nella”Casa del Brodo“ di Corso Vittorio Emanuele, e avvertivano una sensazione di benessere, tanto
che ritornavano a gustare il famoso bollito della casa. La voce si sparse
subito in città e fu un affluire di clienti che volevano bere una tazza di
brodo caldo che dava tanto beneficio e rimetteva in sesto chi aveva perso le
forze a seguito della malattia.
Era un periodo di grande indigenza, tra gli avventori ce n’erano tanti che non
avevano la possibilità di acquistare quella benefica tazza di brodo, e il
titolare fondatore della trattoria, Salvatore Catanese, non li respingeva ed
offriva quella bevanda che nella fantasia popolare aveva tante virtù benefiche.
E’ da allora che, accanto alla tabella dello storico locale palermitano, ce n’è
un’altra che dice ”Dal Dottore“ e con questo nome la trattoria oggi è
comunemente conosciuta a Palermo e fuori. Tanto che, per darsi un appuntamento
a pranzo o a cena, basta dire: “Ci vediamo dal Dottore del Brodo“.
Altro locale famoso della
Vucciria si trova in via dei Cassari, la trattoria “na za Pina” (zia Pina),
dove non compare nessuna insegna o nome, ma da molti conosciuto per fama. In
questa trattoria gli avventori proveranno la sensazione di mangiare a casa
della zia Pina e famiglia, con un
servizio tipico di un pranzo familiare, con prodotti genuini e prezzi modici. E
in fine da non mancare all’aperitivo alla taverna Azzurra in via Maccherronai,
dove si possono incontrare persone e personaggi di ogni tipo.
Siamo arrivati alla fine di
un lungo viaggio nel tempo, e delle tradizioni di questo meraviglioso popolo,
che in epoche passate con la sua laboriosità, nel fasto e nella grandezza e con
una identità propria ma certamente unica nel suo genere, ha lasciato un
testamento storico di grande valore umano.
Sulla situazione drammatica
che oggi investe questo ultimo baluardo di antichità storiche e tradizioni,
questo patrimonio oggi é condannato alla cancellazione memoriale e fisica. Gli
ultimi eventi di questi giorni sono devastanti e tutto ciò non è assolutamente
accettabile, sia dal punto di vista umano che culturale e civile.
Facendo un passettino
indietro di qualche annetto, in piazza Garraffello, una volta vecchio cuore
pulsante del grande mercato la
Vucciria, si e trasformato in un punto d’incontro per giovani
e adulti di più ceti sociali e una consistente presenza multirazziale. Nasce
cosi in questi antichi luoghi la cosiddetta “Movida”,con musiche Reggae e
multietniche, e si istaurano una serie di piccoli locali tipo Pub improvvisati
alla meno peggio, che accolgono con sedie e tavolini questa svariata clientela
di personaggi di ogni tipo, tale attività dura fino alle luci dell’alba e come
una magia le bancarelle e le botteghe dei venditori sostituiscono tavolini,
sedie e Pub, con un movimento ciclico che si ripete notte e giorno.
Nel 2006 un artista Austriaco
Uwe Jaentsch trovando ispirazione dalla cattedrale di Palermo, esegue una
versione assolutamente moderna utilizzando piazza Garraffello per questa sua opera artistica del tutto particolare.
Egli userà come materiale ciò che la piazza offre di suo, cumuli d’immondizia di ogni genere e dimensione che ristagnano da anni, collegando questo materiale tra le macerie di palazzi e strutture danneggiate risalenti anche alla seconda guerra mondiale. Con una tecnica di colori che sono simili ai murales, darà un aspetto tipico delle strade metropolitane imbrattate di colori, che a volte sono anche
artisticamente strepitosi.
Personalmente pur rispettando tale arte e facendo i complimenti al grande artista austriaco Uwe Jaentsch, non
condivido questa sua raffigurazione artistica di tipo avveniristica in tale
loco, non certo consono data la levatura patrimoniale di Piazza Garraffello,
con le sue famose dimore architettoniche di valore indiscutibile.
La vivacità dei colori misto
al futurismo e ad una protesta fortemente legata alla globalizzazione,
metropolitana, credo piuttosto che abbia banalizzato e deriso tali luoghi fonte
di arte, memoria, cultura e storia. In buona fede credo che se anche
l’intenzione era buona, perché ritenuta dall’artista sua fonte di ispirazione e
in un secondo luogo come un imput per attrarre l’attenzione dei visitatori e
quindi una possibile fonte di guadagno per poche botteghe e bancarelle che oggi
popolano la piazza dando un incremento lavorativo, animando e attirando la
presenza di giovani e meno giovani.
Ma chi gestisce tale
circostanza certo avrà molto da rimproverarsi per questo ulteriore schiaffo
morale alla Vucciria e ai palermitani.
Un richiamo lo faccio alla
nobile donna siciliana Costanza Lanza di Scalea, che con tutti gli onori del
passato storico familiare, non ha certo colto la sensibilità di chi ama la storia e la memoria di questo popolo e di questa sfortunata città
di Palermo, la dove iene e sciacalli si alternavano al potere da sempre per
cancellare il passato. Spero tanto che lei possa capire il mio profondo
rammarico e il mio pianto infinito, di vedere questi luoghi ormai simili ad un
cimitero.
La mia Vucciria distrutta,
umiliata e deceduta. Da palermitano, e da chi ha vissuto e cresciuto la sua
gioventù tra le sue strade, sento il dolore di una regina agonizzante che esala
il suo ultimo respiro, mentre quel grande
cuore ormai spento non batte più.
Un appello oggi lo voglio
fare non solo ai palermitani e a tutti i suoi cittadini, ma anche alle
istituzioni locali e nazionali. Naturalmente andrò oltre tali confini, porterò
questa battaglia a livello europeo e mondiale. Finche avrò vita la mia voce
arriverà ovunque c’è gente che ama l’arte e la storia delle civiltà.
Carissimi amministratori
locali un solo consiglio voglio darvi,ci sono tanti artisti giovani e meno
giovani che possono dare non solo grande speranza al futuro di questa
meravigliosa città e alla Vucciria, ma con la loro professionalità e le loro
doti artistiche, salvare e curare i nostri monumenti architettonici di grande
valore, non occorre chiamare chi non conosce la nostra arte né tantomeno far
eseguire dei lavori, a chi invece di salvare il patrimonio, lo degrada
ulteriormente come nel caso dell’artista austriaco, fuori totalmente dalle
dimensioni storiche del nostro patrimonio.
E’più corretto dare
opportunità ai nostri artisti locali che spesso emigrano e vanno via a donare
la loro levatura artistica in paesi stranieri, né tanto meno lottizzare
politicamente lavori favorendo chi é meno adatto, ma dare pari opportunità a
prescindere dal colore politico favorendo il merito della qualità artistica.
Sono proprio loro i nostri
artisti locali, che fanno la differenza, le nostre accademie e università hanno
il prestigio di donare alla nostra città i migliori artisti e talenti, che fanno
di Palermo la culla dell’arte, dove i veri artisti spesso rimangono degli emeriti
sconosciuti al popolo, di appartenenza e famosi del resto mondo.
Al signor primo cittadino
ritengo giusto evidenziare e informarla dopo fatti di cronaca dovuti al crollo
improvviso di vecchie strutture in piazza Garraffello, che la Vucciria tutta offre una
realtà più amara di come si può pensare. Molti proprietari di questi edifici
non ci sono più perché morti e quelli che tuttora sono in vita, spesso si trovano
in condizioni indigenti cioè morti di fame che non hanno soldi per sopravvivere,
alcuni di essi addirittura vivono in quelle poche case ancora abitabili col
rischio di crollo e così pure i loro affittuari. Quelli che invece hanno dei
soldi sono come cercare un ago in un pagliaio. Un’altra brutta abitudine che sa
di marcio é quella di chi si è appropriato delle case attraverso l’usucapione, Si diventa titolari
di un bene altrui, anche se si è in mala fede (ossia si sappia che il bene è di
proprietà di un altro soggetto) purché – si sia posseduto il bene (cioè lo si
abbia utilizzato o comunque se ne sia usufruito in qualche modo); – per un
periodo di tempo predeterminato di 20 o 10 anni e ci si sia comportati, durante
questo periodo, come se si fosse i veri proprietari, cioè alla luce del sole e
davanti a tutta la
collettività.
Con l’accordo tacito di vecchie amministrazioni che lo
hanno preceduto dietro naturalmente ci stanno a volte imprese che hanno poi
l’interesse di ristrutturare avendo acquistato con una miseria gli interi
stabili da chi li abitava o a gratis o perche vuoti. Poi col tempo avendo
ottenuto il finanziamento finito i lavori di ristrutturazione li venderanno a
prezzo pieno. L’inganno c’è ma non si vede, a poche parole buon intenditore.
Caro primo cittadino era
compito dei suoi predecessori prendere provvedimenti per salvare la Vucciria. Ma non lo hanno fatto
e neanche lei caro signor sindaco; ha pensato solo a fare feste a favore della
sua immagine personale. I suoi
predecessori e anche lei, vi siete inventati la Movida. E avete dato
licenze, per finire di distruggere questo grande patrimonio artistico
architettonico e monumentale.
E le dico anche una bella
storia, alle ultime elezioni comunali i signori politici di tutte le razze e
colori, venivano alla Vucciria a festeggiare e a far mangiare gli amici in
cerca di voti.
In conclusione sono accadute
spesso zuffe e violato la legge, in quanto si vendeva di tutto a poco prezzo
alcol, erba e altro e tutti felici e contenti. Ma il danno peggiore era la
musica assordante, che ha finito di danneggiare con le
vibrazioni le strutture ormai precarie.
Ora a piangere saranno quei
poveri venditori ormai prossimi al fallimento e alla fame, perché non siete stai capaci di prevenire. Infine la
beffa: si accusa chi é meno responsabile per salvare l’onore delle istituzioni.
Intanto siete riusciti a far morire la Vucciria e a renderla un luogo di fantasmi.
Grazie signor primo cittadino
a lei e a i suoi predecessori, e tutti quelli che assieme a voi, non avete
fatto nulla per salvare la storia e la memoria di un popolo.
A porre l’ultima pietra
tombale alla città di Palermo, ha
pensato di farlo il consiglio comunale votando
ha maggioranza la delibera della giunta comunale n°277 del 23 dicembre, che a
messo la parola fine all’assessorato preposto al centro storico che era dotato
di un efficiente settore tematico specifico per il recupero del territorio e
del centro storico, che annoverava l’esperienza di esperti e famosi architetti,
decentrando ad altri assessorati tali mansioni, mettendo cosi in grave
difficoltà l’operatività e la professionalità che richiede questo determinato
settore per la tutela e la rivalutazione del centro storico della città di
Palermo, che allo stato odierno richiede un urgentissimo intervento di messa in
sicurezza e di manutenzione ordinaria e straordinaria dei siti storici. Io
chiedo alle autorità istituzionali comunali di ripristinare immediatamente la
struttura già esistente e revocare la sciagurata delibera approvata
precedentemente, e ne faccio appello anche al prefetto e a tutti i vari gradi
istituzionali locali nazionali ed europei.
Io credo che sia giunto il
momento che le amministrazioni ritornino a lavorare con coscienza, ad
amministrare con serietà la nostra terra di Sicilia. Mentre esorto l’amministrazione
comunale a rispettare un patto con i cittadini e con la propria città, a
prescindere l’indirizzo politico occorre lavorare con amore e onestà, per
ridare a questo grande gioiello che rappresenta la Vucciria la sua identità e il suo antico prestigio e
non solo la Vucciria
ma tutta Palermo, che un giorno diventi finalmente patrimonio dell’umanità per
tutte le su ricchezze la sua storia, con un popolo maturo che coscientemente
apprezzi, e promuova la sua città avendone cura, senso civico e amore infinito.
Lo capirono gli Arabi i Greci, poi i Romani, gli Svevi, i Normanni e tutte le dominazioni che passarono dalla terra di Sicilia.
Dopo secoli chi vive non ha saputo cogliere il sale di questa grande città del mondo, dove da millenni scorre la storia dell’uomo dalla notte dei tempi, pensate che il 60% di storia mondiale
é concentrata in questa terra di Sicilia che ha avuto ben tredici dominazioni e Palermo, è solo seconda come monumenti e storia a Roma “Caput mundi”, Tra l’altro siamo gli unici dopo la capitale d’Italia a portare la stessa sigla dell’impero romano d’oriente e d’occidente;
Nel simbolo della città di Palermo si trova l’aquila e sotto la sigla dell’impero “S.P.Q.P” e gli stessi colori di Roma rosso e giallo, questo a significare il grande
amore che l’impero aveva nei nostri confronti.E’ giunta l’ora di dimostrarlo anche noi.

Redazione

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