E’ tempo di passare dalla teoria alla pratica. Se è vero che sempre più siciliani sanno che a scuola ci hanno insegnato le menzogne più meschine sul Risorgimento e sull’Unità d’Italia per nascondere la vera storia di un’ annessione brutale di cui ancora oggi paghiamo il prezzo, è anche vero che nulla si sta facendo per trasmettere la verità alle nuove generazioni. La cosa non sorprende. La scuola è sempre quella dello Stato italiano. Lo stesso che ha, strumentalmente, prediletto le agiografie encomiastiche permeate da una vomitevole retorica anti-meridionalista.
Ma la nuova consapevolezza dei siciliani impone coerenza. Non ci si può più limitare ai dibattiti nei circoli culturali che hanno fatto del revisionismo storico il loro credo. Bisogna, a nostro avviso, pretendere che la storia, quella vera, faccia la sua comparsa nelle scuole. Perché i giovani siciliani conoscano da subito il loro passato, le loro origini. Senza dover aspettare che un giorno, da adulti, per caso, scoprano di avere studiato rievocazioni puramente retoriche e intrise di bugie di Stato.
Si potrebbe cominciare, ad esempio, pretendendo che nelle aule siciliane sia resa obbligatoria la lettura del libro di Ignazio Coppola: Risorgimento e Risorgimento, la Sicilia tradita. Pubblicato l’anno scorso in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità, il saggio, affronta con piglio giornalistico, i misfatti risorgimentali depurandoli dai miti, con estrema chiarezza e con riferimenti documentati.
Il libro si apre con i racconti sulla vita di Garibaldi, che lungi dall’essere quell’eroe idealista che la storiografia ufficiale ha dipinto, si mostra in tutta la sua luce: un bandito, schiavista, mercenario al soldo dei peggiori tiranni europei e sudamericani. Il predone dei due mondi, non l’eroe. Dettagli della sua vita che son un benefico trauma per chi su di lui ha letto solo gli scritti degli storici ‘salariati.
E ancora le origini massoniche dell’operazione Unità d’Italia, la regia della Gran Bretagna, i saccheggi operati nei confronti della tesoreria del Regio Banco delle Due Sicilie, i tradimenti dei corrotti alti ufficiali del Regio Esercito borbonico, il brigantaggio quale vera e propria guerra civile e lotta delle popolazioni meridionali contro i sabaudi, le leggi liberticide, i lager come quello di Fenestrelle, fuori Torino, in cui venivano torturata la gente del Sud, la fine delle industrie del Mezzogiorno, il debito pubblico del Piemonte risanato con le nostre risorse.
E tanto altro ancora. Fatti, documenti, testimonianze. In una parola: la storia. Che i nostri ragazzi hanno il diritto di conoscere. Per questo è necessario che gli adulti si impegnino affinché i giovani non subiscano le stesse menzogne che hanno riservato a noi.
Chiudiamo con le parole dell’autore, nella speranza che ogni siciliano faccia sua questa battaglia di libertà culturale: Oggi facendo un bilancio di 150 anni di storia, non si può purtroppo parlare di democrazia compiuta, ma bensì a ragion veduta, di una democrazia malata, che ha i suoi vizi dorigine nella mala unità dItalia radice, a sua volta, del male meridionale e conseguentemente della nascita, agli albori dellunità del paese, della cosiddetta e mai risolta questione meridionale. Conseguenze e vizi di origine che ci trasciniamo da 150 anni e delle quali costantemente ne abbiamo pagato il conto ed è per questo che, a tuttoggi, non possiamo legittimamente parlare di democrazia compiuta. Gli italiani per condividere una storia comune avrebbero dovuto viverla dallunità in poi nella convinzione e nella piena consapevolezza di costruire un paese dalla crescita omogenea e non a due velocità con un nord ricco e produttivo e un sud povero ed assistito. Ma così non è stato. Dal 1860 ha inizio limpoverimento e la spoliazione del sud a favore del nord e da quel momento che si crea nel paese quella discrasia e la nascita della cosiddetta questione meridionale che non porterà al legittimo e pieno riconoscimento di una storia condivisa essendo parecchi, come detto precedentemente, i vizi dorigine che portarono allunita dItalia.
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