Si fanno più concrete le speranze di liberare dal vincolo di inaccessibilità il canyon più profondo d’Europa. È infatti sul tavolo della Regione lo studio di fattibilità per la messa in sicurezza della riserva naturale orientata Cavagrande del Cassibile, nel Siracusano. È questo il primo frutto dell’incontro tra tutti gli enti competenti avvenuto lo scorso 9 maggio, dopo quattro anni dall’incendio che ha decretato la chiusura del sito. La prima scadenza verso la riapertura e la fruizione del canyon, intanto, è stata rispettata. «Con questo documento diamo avvio alla soluzione del problema», dichiara a MeridioNews il capo servizio del Genio civile di Siracusa, l’ingegnere Natale Zuccarello. Sulla carta ci sono gli interventi di messa in sicurezza definiti e i loro relativi costi, suddivisi in due grandi step: il primo riguarda il principale sentiero di accesso quello di Scala Cruci, l’altro interessa tutto il versante del canyon che sovrasta i laghetti.
«Lo studio è stato pensato per avere il minor impatto possibile perché siamo consapevoli di agire all’interno di una riserva naturale orientata. Inutile negare – dichiara – che un minimo di impatto ci sarà ma con l’attenzione a proteggere flora e fauna e a evitare un eccessivo disturbo anche visivo. Un compromesso necessario per garantire le condizioni di sicurezza e per rendere l’area nuovamente fruibile». Lo studio di fattibilità, presentato dal Genio civile aretuseo è sul tavolo del commissario al dissesto idrogeologico Maurizio Croce e prevede il posizionamento di barriere in sovrapposizione per consentire la naturale movimentazione della fauna e l’eventuale attraversamento per la manutenzione e per la protezione dagli incendi. Sulle pareti più a rischio andranno ancorate fasciature realizzate con chiodi di roccia e reti metalliche. In alcuni tratti del sentiero, per ulteriore sicurezza, verranno realizzate delle palizzate in legno per contenere l’eventuale distacco di detriti e il rotolamento di piccoli massi.
Un’indagine approfondita delle pareti del canyon, finora, non è stata mai fatta. «I rilievi inseriti nel nuovo progetto non saranno limitati, infatti, solo al sentiero principale ma a tutto il versante di quella parete del canyon che si estende fino ai laghetti». Oltre dodici chilometri di cava da ispezionare per poter definire la seconda parte dello studio di fattibilità del progetto «con rocciatori che saliranno in parete per ricostruire con strumenti e laser scanner lo sviluppo delle rocce e valutare le faglie presenti e analizzare approfonditamente il rischio di eventuali distacchi». Il sentiero di Scala Cruci, intanto, è chiuso da oltre quattro anni, dopo un incendio di vaste proporzioni, scoppiato il 25 giugno del 2014, che ha pure distrutto migliaia di ettari di flora. Una chiusura solo formale però perché, in questi quasi quattro anni, nonostante un’ordinanza che vieta l’accesso al canyon, i visitatori non sono mai mancati specie durante i mesi estivi. «Dopo i due sopralluoghi effettuati abbiamo constatato la gravità dei rischi per l’intera area: in particolare – ricorda Zuccarello – le frane nel pendio di centinaia di metri in corrispondenza dei laghetti e il rotolamento dei massi che si trovano in corrispondenza dell’altro versante del sentiero principale». È per questo che il progetto è stato diviso in due tranche. «Parlare della seconda fase più complicata e più costosa è ancora prematuro. È necessario prima avere i finanziamenti. Avuta la giusta copertura finanziaria, che dalla Regione ci aspettiamo in tempi rapidi, ci vorranno non più di sei mesi – assicura Zuccarello – per definire e approvare la fase di realizzazione progettuale che dovrà poi andare in gara per l’appalto».
Intanto tutto questo adesso è scritto nero su bianco. Quello che manca è il finanziamento dell’opera e solo la prima fase ha un costo complessivo di un milione e 700mila euro. «C’è già l’impegno del presidente della Regione a reperire i fondi necessari per questo primo stralcio di interventi», chiarisce il commissario al dissesto idrogeologico Maurizio Croce che è anche la persona incaricata da Nello Musumeci ad analizzare le risorse del Patto per il Sud per capire se ci sono delle voci a cui poter attingere per finanziare queste opere. «Una decina di giorni e sapremo se ci sono almeno i fondi su cui basare il cronoprogramma definitivo per finanziare questa parte del progetto esecutivo. Per ora – sostiene – potrebbero essere sufficienti anche i primi 150mila euro per partire, poi penseremo al resto», dice, facendo riferimento al fatto che bisognerà sicuramente guardare anche alle risorse extraregionali.
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