Centomila alloggi da mettere in sicurezza nella sola Catania. Un ritardo storico, anche rispetto a città come Messina e Palermo, dovuto al fatto che il capoluogo etneo fu inserito tra le zone sismiche soltanto nel 1981 per una precisa volontà politica. Un suicidio a lungo termine. Oggi, considerato che per adeguare un alloggio servono in media 40mila euro, la cifra da spendere negli edifici privati in città è di quattro miliardi di euro. Una spesa enorme, che corrisponde a circa un quarto dell’ultima legge di stabilità nazionale. Impossibile in questo momento che il Governo faccia uno sforzo simile per una sola città. Ecco perché l’assessore ai Lavori Pubblici Luigi Bosco, ingegnere da sempre attento al tema del rischio sismico, sta studiando un pacchetto di misure per invogliare i privati a mettere in sicurezza gli edifici in cui vivono. Non solo a Catania, ma in tutta la Sicilia Orientale. «Non possiamo perdere altro tempo, il periodo di ritorno di un terremoto forte nella nostra zona è stato calcolato tra i 300 e i 500 anni – spiega Bosco – L’ultimo è stato nel 1693, quindi ci troviamo nel 321esimo anno, cioè in un intervallo di tempo richioso, perché non sappiamo se il sisma arriverà tra cento anni o domani».
L’assessore ha individuato un percorso sostenibile, subordinato però a una serie di sinergie e di interventi che non dipendono solo dal Comune, ma che devono partire da Roma. Il modello è quello applicato per gli investimenti energetici e per le ristrutturazioni. «Serve una norma nazionale che preveda una defiscalizzazione del 65 per cento per gli interventi di adeguamento degli edifici nelle zone sismiche – spiega Bosco – Il cittadino che spende 100mila euro deve sapere che in dieci anni può recuperarne 65mila risparmiando sulle tasse». L’assessore la considera la madre di tutte le battaglie e a Roma si sono mossi i politici catanesi, in primis il sindaco Enzo Bianco, per fare pressing in vista della prossima finanziaria. Il secondo punto consiste nel facilitare l’accesso al credito. «E’ altamente probabile che la gente non abbia questi 100mila euro da spendere – continua l’assessore – Occorre quindi attivare una convenzione con le banche per ottenere tassi agevolati».
A questo punto spetterebbe al Comune garantire un’ulteriore premialità da inserire nel regolamento edilizio. Una percentuale in più in termini di risparmio sulle tasse locali, in modo da arrivare a un totale di defiscalizzazione del 67-68 per cento. «Catania lo ha già fatto con un mio emendamento che è stato aggiunto nel nuovo regolamento. Inoltre – aggiunge Bosco – andrebbe apposta una targa nei palazzi antisismici che segnali gli interventi fatti e questa caratteristica andrebbe valorizzata per legge negli atti di compravendita degli alloggi». Infine si sta studiando il modo per far arrivare il messaggio a quante più persone. «I cittadini devono essere correttamente informati – sottolinea l’assessore – devono sapere che è possibile mettere in sicurezza un edificio sia in muratura che in cemento armato. Voglio formare un pool di esperti per la comunicazione che presterebbero la loro professionalità a titolo gratuito, ho già parlato con alcuni tecnici del Politecnico di Torino».
Un progetto ambizioso che ha il difetto di essere subordinato a scelte e finanziamenti del governo nazionale, ma ha il merito di considerare il problema del rischio sismico nella sua globalità, pianificando tappe e tempistiche precise. «Potrebbe dare molto lavoro, distribuito e non concentrato, far partire cantieri medio-piccoli, che sono meno appetibili per la criminalità, mettere in sicurezza la città, rilanciare l’economia e far ottenere risparmi – conclude Bosco – Se in Italia avessimo investito nella prevenzione, avremmo sicuramente risparmiato rispetto a quanto speso per riparare gli enormi danni dei sismi».
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