Un caldo giorno di primavera mercoledì all’ex Monastero dei Benedettini, affollato da studenti di tutto l’Ateneo accorsi per l’Assemblea Straordinaria della facoltà di Lingue. Abbiamo girovagando per il rumoroso cortile per raccogliere commenti e opinioni.
La reazione più sentita è sicuramente quella dei diretti interessati. «Non ci sono parole per descrivere lo sgomento che questa notizia ha provocato in tutti noi – commenta Rossana, studentessa di terzo anno a Lingue -. Tra l’altro tutto è esploso dal nulla nel giro di una settimana».
Un gruppetto, appartato in cortile, lamenta il disagio che deriverebbe dallo spostare ben seimila studenti di Catania, rispetto ai mille di Ragusa. Mora, capelli raccolti, zaino alle spalle, una di loro borbotta all’amica: «A Ragusa? Per metterli dove? Non ci sono le strutture adeguate e finora le lezioni si sono svolte in un ex orfanotrofio con aule piccole e vari disagi». Poi, però, abbassa il tono, si guarda intorno e precisa: «Non si tratta di una competizione tra città, che vede Catania e Ragusa su due fronti opposti». Tutt’altro che preoccupata, piuttosto indignata nei toni, un’altra giovane, anche lei studentessa al terzo anno di Lingue, commenta: «Bisogna capireche questo problema parte da Lingue ma riguarda tutti e dobbiamo essere uniti».
Tra i ragazzi s’incontrano anche studenti appartenenti alla facoltà di Lettere che con Lingue condividono la stessa struttura. «Che peccato! C’è un bel rapporto con i colleghi; con loro ci sentiamo ormai un unico organismo. E poi questo spostamento che senso ha? Creerebbe disagi e discontinuità nella formazione universitaria», sono le parole di una giovane matricola di Lettere all’amica, proprio là, nel cortile del Monastero, a due passi dalla seguitissima assemblea in Auditorium.
Dalle sedi umanistiche a quelle scientifiche, non c’è distinzione di facoltà tra gli studenti presenti in sala. Alcuni di loro vengono dalla Cittadella, altri dal Policlinico. Alcuni sono studenti di Medicina e altri di Farmacia che, attivamente presenti con il collettivo Lupus, per voce di una studentessa affermano: «Non accettiamo questa situazione perché non è il risultato di un processo decisionale che dovrebbe coinvolgere più parti e aprire un dialogo. È una decisione presa dall’alto senza alcun preavviso, e ancor più grave in quanto non si fonda su un progetto culturale».
Alla notizia, divulgata con euforia attraverso i megafoni dei rappresentanti, dell’occupazione del Monastero per 24 ore su 24, gli studenti, tranne pochi irriducibili, si sono subito dichiarati partecipi e disponibili ad oltranza: «Siamo pronti con i sacchi a pelo. Ci riprenderemo il nostro diritto allo studio
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