Vito e Manlio Nicastri patteggiano la pena a due anni e dieci mesi nel processo sulla corruzione nel campo delle energie rinnovabili. La decisione è arrivata pochi minuti fa, al termine di una lunga camera di consiglio al tribunale di Palermo. L’imprenditore alcamese, che da diversi mesi ha avviato una collaborazione con i magistrati, e il figlio hanno riconosciuto la loro colpevolezza nelle vicende che vedono tra i principali protagonisti anche l’ex parlamentare di Forza Italia Paolo Arata e il figlio Francesco, nonché i funzionari regionali Alberto Tinnirello e Giacomo Causarano.
Il patteggiamento è arrivato a un mese di distanza da quando il gup Walter Turturici aveva rigettato l’istanza, frutto dell’accordo raggiunto tra i magistrati della Dda e i legali dei Nicastri Sebastiano Dara, Maria Mollica e Giovanni Di Benedetto. Per Vito Nicastri, che a ottobre è stato condannato in primo grado a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa, il pronunciamento di oggi mette fine alla vicenda giudiziaria esplosa la scorsa primavera, con le perquisizioni nelle sedi delle società che il 63enne alcamese avrebbe gestito insieme agli Arata. Attività imprenditoriale che sarebbe stata segnata da tangenti ai funzionari, incontri con diversi esponenti della giunta Musumeci e, a Roma, con le richieste al senatore leghista Armando Siri – questo filone dell’indagine è tuttora aperto nella procura capitolina – affinché portasse avanti specifiche proposte di legge in favore delle agevolazioni in campo di energia green.
Vito Nicastri rimarrà comunque rinchiuso all’interno di una cella del carcere Pagliarelli di Palermo, dove si trova da aprile. Per il figlio Manlio, invece, il patteggiamento a una pena inferiore ai tre anni significa il ritorno in libertà, dopo mesi trascorsi ai domiciliari.
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