«Sei un simbolo d’onore. Per me tu sei immortale. Non riesco ancora a crederci». Una frase di cordoglio come un’altra, se non fosse riferita alla morte di un uomo che proprio come tutti gli altri non è: Totò Riina. Un commiato, infatti, apparso all’indomani della sua morte sulla pagina Facebook dedicata a lui e alla serie tv che, come già altre in passato, ne hanno raccontato le gesta criminali, Il capo dei capi. Un post che in poco tempo è diventato virale, totalizzando ad oggi tremila like e quasi duemila condivisioni. Scatenando, però, altrettanti commenti di disapprovazione e condanna da parte degli utenti. Un episodio che così, di primo impatto, lascia un po’ di amaro in bocca.
Amaro, però, che sparisce subito se si guarda meglio la foto usata per dire addio al boss di Cosa nostra. L’immagine, infatti, ha cominciato a circolare già il giorno prima del post di commiato, ma con toni ben diversi, in accompagnamento al post di Belind Këlliçi, presidente del Forum della gioventù del partito democratico albanese: «Una grave tragedia ha colpito il governo oggi! Esprimiamo le più sincere condoglianze a Edi Rama per la perdita del suo idolo ispiratore. Il governo di Edi Rama non ha distinzioni da Cosa Nostra di Toto Rina!», è la traduzione del suo messaggio sul social. Ed è proprio lui che ne spiega a MeridioNews il senso.
«Era un modo ironico per dire che il governo albanese diretto dal nostro primo ministro, Edi Rama, è lo stesso di un’organizzazione criminale o Cosa nostra!», dice il politico e aggiunge: «Ciò è dovuto al fatto che ora l’Albania è considerata la Colombia d’Europa a causa del traffico di droga, principalmente cannabis e cocaina, e anche a causa del collegamento che le organizzazioni criminali secondo noi hanno con il governo albanese». Il riferimento è al recente caso dell’arresto per droga di due cugini dell’ex ministro dell’Interno Saimir Tahiri, fermati a bordo di una macchina intestata all’ex esponente del governo balcanico. Una presa in giro in salsa albanese, quindi, trasformata in un commiato sopra le righe, prendendo a prestito una foto che per sfondo non ha infatti nessuno scenario corleonese ma l’edificio del primo ministro.
E su questa trovata, il politico non ha dubbi: «Fake news», un post che non merita insomma d’essere preso sul serio, malgrado la viralità. «Questo è il tipico effetto di Facebook e, in generale, l’effetto sbagliato dei social media – riprende -. È assolutamente inquietante». Stesso pensiero quello del professore di storia contemporanea Salvatore Lupo, tra i più grandi studiosi del fenomeno mafioso in tutto il Paese, che in quanto a social avverte: «Sul web tanta gente scrive imbecillità e in genere tanto è più grossa tanto più si ottengono i famosi like».
E sul commiato preso a prestito dalla presa in giro albanese continua: «Non so dire quanto queste prese di posizioni siano credibili al di fuori di questo mondo virtuale. Ciò detto – spiega – è possibile che la figura del capomafia abbia i suoi supporters: o perché si tratta di gente che simpatizza con la mafia in sé o che simpatizza con un assassino così come farebbe con altri. A livello banalmente umano succede e succede sempre, specie nel web. Ci sono gruppi di sostegno per qualsiasi tagliagole o degenerato. Se poi la gente ragiona sui film, come Il capo dei capi, che già il titolo è inevitabilmente apologetico, la distorsione è dietro l’angolo».
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