MA DA QUANDO UN MAFIOSO URLA UNA MINACCIA DEL GENERE DA UNA CELLA PRESIDIATA DAGLI AGENTI? IL PROCURATORE CAPO DI PALERMO NON SOLO NON CONFERMA LA NOTIZIA MA PARLA ANCHE DI UN ASSIST AD Entità ESTERNE A COSA NOSTRA
Con tutto il rispetto per chi l’ha scritta, ci lascia molto perplessi la notizia secondo la quale Totò Riina, avrebbe minacciato di morte il Pm di Palermo, Nino Di Matteo, dal carcere, ad alta voce. “Di Matteo deve morire. E con lui tutti i pm della trattativa, mi stanno facendo impazzire” avrebbe urlato Riina ad un compagno di carcere. E ancora: “Quelli lì devono morire, fosse l’ultima cosa che faccio”. Minacce che avrebbe sentito, secondo quanto scrive La Repubblica, un agente della polizia penitenziaria.
Da cosa nasce la perplessità? Avete mai visto un mafioso urlare una minaccia del genere per farsi sentire dai poliziotti? O confidarla al primo carcerato con cui si trova a parlare? Avete mai visto una mafioso che rivela i suoi intenti criminosi in una cella presidiata dagli agenti? Mah…
Se è vera questa notizia, l’ipotesi più probabile è che sia impazzito.
In ogni caso, pur non sottovalutando il rischio a cui è sottoposto Di Matteo per il suo ruolo nell’inchiesta trattativa Stato-mafia (a luglio sono state portate al massimo le misure di sicurezza per proteggerlo) il Procuratore Capo di Palermo, Francesco Messineo, esclude l’ipotesi di un suo trasferimento in una località segreta:
“Non c’e’ nessuna seria prospettiva di trasferire il pm Nino Di Matteo, che ha un adeguato sistema di protezione che gli consente una normale vita di relazione e professionale . Il livello di protezione – ha aggiunto – e’ gia’ adeguatamente alto. Caso mai ci potrebbero essere i ripensamenti sulle misure di sicurezza degli altri magistrati che indagano sulla trattativa“.
Insomma, Messineo parla, e non è il solo e non è la prima volta, di un’aria assai brutta per i magistrati impegnati sul fronte della trattativa Stato-mafia. Ma, a preoccuparlo non sembrano le presunte minacce di Riina, o quantomeno non solo. Tant’è che le mette in dubbio:
“Ammesso che siano vere, queste minacce sembrerebbero una chiamata alle armi che il boss fa ai suoi contro i magistrati che svolgono questa inchiesta e sono visti come ostili”. La notizia, se fosse vera, ha aggiunto Messineo, doveva comunque rimanere segreta. Anche perché, aggiungiamo noi, una chiamata alle armi non è tale se non viene comunicata a nessuno.
Il Procuratore Capo di Palermo, aggiunge, in una intervista al Tg3 una riflessione più inquietante: “Potrebbe anche essere un assist ad entità diverse da Cosa Nostra che pensano a nuove stragi”.
L’unica cosa certa è che, con ogni probabilità, per Messineo i segnali preoccupanti sono altri. E, anche questa presunta fuga di notizia vera o falsa che sia, così cristallina, non è.
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