Il ddl sulla riforma delle province andrà in Aula il 30 giugno. È l’impegno assunto dal presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, al termine di un lungo confronto con una delegazione sindacale dei dipendenti degli ex enti intermedi. Sul tappeto il testo stoppato da Sala d’Ercole lo scorso aprile, quando con voto segreto, i parlamentari hanno approvato l’emendamento del Movimento Cinque Stelle, che prevedeva la soppressione dell’articolo 1 del ddl, facendo cadere l’impalcatura della legge.
Oggi in piazza a Palermo sono scesi quattromila lavoratori, secondo i calcoli della Cgil. Venticinque pullman da tutta la Sicilia per “marciare” contro il caos Province. Il corteo, partito da piazza Marina, ha raggiunto Palazzo dei Normanni, per far sentire la propria voce. Per loro, un esercito di 6mila persone in tutta la Sicilia, 1.200 solo a Palermo, l’incompiuta del Governo Crocetta è l’anticamera del dramma sociale. «Siamo a un passo dal baratro» dicono le parti sociali. Liberi consorzi e città metropolitane annunciate dal governatore Crocetta oltre due anni fa in diretta tv sono rimaste nel pantano. Della politica e degli scontri interni alla maggioranza. Ai capigruppo di Palazzo dei Normanni i sindacati hanno ribadito la loro richiesta: il via libera alla riforma entro luglio. Un orizzonte temporale al di là del quale lo spettro è quello della mobilità e del licenziamento.
Ieri Ardizzone aveva fatto proprio l’appello delle organizzazioni dei lavoratori e aveva lanciato un aut aut, ribadito anche oggi al termine dell’incontro. «Subito la riforma o è meglio sciogliere l’Ars per tornare alle urne» aveva detto. Perché, spiega oggi, il numero uno di Sala d’Ercole, senza la legge di riforma «si va al dissesto delle province e, a cascata, c’è quello della Regione. Così automaticamente si andrebbe al voto a ottobre». Domani la conferenza dei capigruppo, in programma alle 12, dovrà indicare il nuovo calendario dell’Aula, includendo, appunto la riforma.
Ma per Ardizzone il testo deve coniugarsi con «il problema finanziario. C’è una legge di stabilità nazionale – spiega – che chiede il concorso delle province e delle città metropolitane per 100 milioni di euro. Il carico per le province è di 65 milioni con una previsione di un prelievo forzoso da parte dello Stato, che trattiene i fondi delle Rc auto». Così se, da un lato, è «inaccettabile» creare «città metropolitane a due velocità» con quelle siciliane rallentate rispetto a quelle del resto d’Italia, dall’altro non è possibile far valere i proprio diritti senza «avere le carte in regola con lo Stato gabelliere ed esattore. E le carte in regola si hanno con una legge che attribuisce le funzioni ai nuovi enti».
Un primo risultato comunque i sindacati lo portano a casa. Un tavolo di crisi sulle province che il Governo ha accettato di aprire. «Partirà martedì prossimo» spiegano i sindacati, sottolineando, però, che le risposte ottenute da Ars e Governo «non bastano a risolvere le tante questioni aperte». La mobilitazione continua, quindi, con nuove iniziative di protesta. L’obiettivo è fare pressing sui Governi nazionale e regionale per salvaguardare il personale e le risorse destinate alle ex Province, indispensabili per garantire i servizi ai cittadini».
Intanto da un incontro tra i sindacati e il vicepresidente della Regione, Mariella Lo Bello, emerge la notizia del via libera in giunta a un emendamento aggiuntivo da inserire nello Sblocca Sicilia. Il ddl prevede di destinare 10 milioni di euro alle ex province, una parte delle somme complessivamente pari a 30 milioni di euro e già contenute nella finanziaria regionale.
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