Mentre il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, in una delle sua solite conferenze stampa difende l’accordo con i petrolieri, Rifondazione comunista fa il punto della situazione sulla gestione dei culturali in Sicilia.
A parlare è Maurizio Fazio, responsabile regionale in questo settore. «Il governatore Crocetta in due anni – dice Fazio – ha cambiato quattro assessori ai Beni Culturali: Antonino Zichichi, Mariarita Sgarlata, Giusi Furnari e, per ultimo Antonio Purpura. Il risultato è la paralisi. Per non parlare del valzer dei dirigenti regionali».
«Nessuno – aggiunge l’esponente di Rifondazione comunista – ha trovato il tempo in questi anni di gestire l’ordinaria amministrazione e di progettare il futuro utilizzando a pieno i Fondi messi a disposizione dall’Unione Europea. I dati sulla gestione dei beni culturali sono impietosi: mancano i fondi per la gestione ordinaria e per le pulizie, non si riesce a garantire una piena fruizione e vigilanza dei siti archeologici e dei musei a causa della totale carenza di pianificazione nell’impiego del personale regionale per poi attribuire le responsabilità della chiusura dei musei e delle aree archeologiche nei giorni festivi alla presunta carenza e/o indisponibilità dei dipendenti stessi».
«Ma oltre al danno – sottolinea sempre Fazio – il settore dei Beni Culturali ci riserva la beffa. Infatti per quanto riguarda le somme messe a disposizione dall’Europa, l’asse Identità Culturali, Ambiente e Turismo ha certificato al 31 ottobre 2014 solo il 18% delle somme assegnate, mettendo a rischio l’obiettivo di due miliardi e 665 milioni di spesa certificata per il Por Fesr 2007-2013 che la Regione siciliana deve raggiungere quest’anno».
«Ad oggi – conclude Fazio – si è giunti a 2 miliardi e 100 milioni circa. Mancano quindi più di 500 milioni per arrivare a centrare l’obiettivo che, se mancato, porterà al disimpegno e quindi alla perdita delle somme non spese. Il tutto in una Regione in cui il sistema dei Beni Culturali va alla deriva e, da settore strategico per l’Isola, sembra essere diventato l’emblema del tragicomico non governo Crocetta».
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